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il romanzo della guerra 115

voleva che il fratello andasse troppo in là col sandolino: voleva che tenesse chiusa la pistola; che non andasse a caccia per non farsi male; insomma ella, minore di età, lo sorvegliava. Nella cassettina militare ora gli ha messo un vasettino di miele, un pollastrino arrosto, cioccolata, uova, un formaggino. Io penso alle trincee fulminate sull’Aisne, dove si combatte da otto giorni, giorno e notte. La signorina è pallida: questa notte non ha dormito.

— Ma perchè c’è la guerra? — mi domanda contorcendosi come le povere dalie, lì nelle aiuole della stazione.

— Perchè soffia la bora? Perchè siamo nati? Lo lei, signorina?

Forse lei pensava che la montura militare fosse nient’altro che una bella toilette maschile.

***

Una vittima della guerra. Guido Fusinato si è ucciso. Lo ricordo nel collegio Marco Foscarini, a Venezia. Lui era in ottava classe; io fra i piccini del ginnasio. Snello, signorile: uno dei primi a scuola, e tiratore bellissimo di fioretto. Andò poi — come è costume dei nostri giovani eletti — a perfezionarsi a Berlino, dove studiò il più preciso, il più positivo diritto internazionale, per la pace delle nazioni.

Presentemente è professore di diritto internazio-