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26 il romanzo della guerra

attraverso le larghe foglie, una luce verde, fra cui scherzano tranquilli gli occhi del sole nascente.

Mi pare un sogno di guerra. Esco: la realtà mi richiama terribile.

Ad un bar, dove prendo il caffè, ci sono già i fogli del mattino.

Recano le dichiarazioni di guerra. Anche l’Inghilterra!

L’Inghilterra! Guglielmo annunzia al mondo che ha levato la spada e non la deporrà se non con onore.

Le dichiarazioni di sfida delle grandi Nazioni, in caratteri grandi neri, parole immote in istile di prammatica, producono un’azione paralizzante anche nel giovane che mesce il caffè.

Ma non tremò la mano di chi le scrisse? V’è uno stupore, un silenzio!

I tram, la gente di via Torino, tutto è più lieve, tutto pare preso da sbigottimento. La mente tuttavia non ci crede ancora. Forse sono le grandi parole di sfida come in un torneo cortese. Tanto furore, tante morti seguiranno queste immobili parole? Ma non è questa la stessa gente che tumultuò in giugno per uno o due dimostranti, uccisi in Ancona?

***

Mi si disegnano davanti le parole dell’antico poeta: Illi robur et aes triplex circa pectus erat! Non so-