Pagina:Panzini - La cagna nera.djvu/150

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io presi Patirai che mi amava e che io amava, e la scagliai giù nel mare.

La vedo anche ora nettamente dopo tanto tempo.

Ad un certo punto cadendo si voltò con la schiena all’ingiù. Un lamento, ma che era forte come un nitrito, squarciò l’aria e mi rimase nell’orecchio. Era caduta su di una punta aguzza dello scoglio; si era squarciata il fianco: almeno così doveva essere perchè l’acqua mi parve rosseggiare ad un tratto e l’onda sopravveniente la dissipò.

Allora ebbi paura e voleva fuggire, ma non lo poteva e rimasi lì con l’occhio fisso in giù.

Mi intronava alle orecchie un ronzìo come se due sciami di vespe fossero usciti dalla terra e disperdendosi in alto, mi susurrassero qualche cosa di pauroso e di infausto.

Però non sentii nè pietà nè rimorso nè mi mossi per soccorrerla; anzi era una specie di piacere o almeno di sollievo che io provava a quella vista sanguinosa giacchè avevo così trovato una distrazione alle laceranti imagini che mi straziavano. Ma queste ed ogni altro senso