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i cinque pulcini 177


— Facciamo il giuoco del mare: questo è il mare (era il tappeto verde) e questo è il bastimento (era una barchetta di carta) e questi siamo noi sul bastimento (ed erano dei fantoccini di carta ritagliati con le unghie).

— E la mamma non l’avete fatta con l’altro fratellino?

— Ah, già la mamma col fratellino...! — sclamarono ad una voce, tranne il più piccolo, la cui testa dondolava dal sonno come una campanella che sta per acquetarsi dopo aver finito di suonare.

— Pare impossibile come sono i bambini! Si dimenticano in un momento; e non è a dire che non volessero del bene alla loro mamma! Presto, presto, figliuoli miei — disse a voce alta — del mare ne avremo anche troppo, domani: adesso a letto e prima di tutto le orazioni.

I due più grandicelli lo aiutarono a far la piega dei due lettucci dalla parte dei piedi, poi si tolsero gli abiti grossi, balzarono sui letti come quando erano sul loro letto, nella casetta loro, dove adesso solo il gatto abitava.

E postisi in ginocchione tutti e quattro e piegate le mani, innalzarono in coro questa piccola preghiera che la avea insegnata la mamma:

Santo cuor del mio Gesù
Fa ch’io t’ami sempre più.

E poi con quattro balzi, tutti e quattro furono sotto. Allora lui spense il lume e cominciò a spogliarsi.

Ma, cosa strana, pur avendo spenta la candela, la luce non era scomparsa.

Dalle fessure di un uscio penetrava un chiarore che proveniva dalla stanza vicina, e si sentiva ogni tanto un passo timido e sommesso.