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ore. Mi ricordai che presso questo castello passò negli anni 1494 Carlo VIII, re di Frància, quando mosse alla conquista del Reame di Nàpoli.

Il merìggio divampava ardente fra il silènzio dell’Appennino. I bimbi, infilzati su le baionette bùlgare, mi chiamàrono alla mente il re Carlo VIII, con la lància alla còscia, che infilzava l’Itàlia. Federico Nietzsche diceva: «Benìssimo!» e l’onorevole Luigi Luzzatti diceva: «Oibò!».

Queste stravaganti fantasie mi ballàvano dolorosamente nella testa in quel merìggio. Tutt’effetto di nervi non riposati. Se avessi riposato la notte a Pisa, il pensiero doveva essere questo: «Dove è un’osteria? dove si màngia bene a Borgotaro?»

Me ne tornai indietro da Borgotaro senza far colazione, in compagnia di un vècchio lavoratore che incontrai per via. Gli domandai — come vi passammo davanti — a chi apparteneva la casa su la quale era la scritta, «Senza Dio noi non siamo nulla».

— Èccolo che vien fuori adesso — disse il lavoratore.

— Quel prete?