Pagina:Parabosco, Girolamo – Novellieri minori del Cinquecento, 1912 – BEIC 1887777.djvu/278

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vostre mani cadesse, io, tenendo altra strada per fargli apprestare in Saragosa albergo, lo abandonai; e, non venendo poscia egli al luogo dove io l’aspettava, mi vennero finalmente le vostre rubberie a notizia. E cosi, entrato di ciò che veramente era in sospetto, presi per partito di venirmene a voi e ricercare s’io potessi del fatto la veritá; la quale avendo ritrovata, mi parve giusta cosa convenevole vendetta prendere di chi della morte del mio signore fusse stato cagione, e cosi la ho presa. Onde di occulta e mirabile allegrezza son pieno: di me e della vita mia, quel che se n abbia da essere, non curo. Stracciatemi a voglia vostra, tormentatemi e uccidetemi, ch’io in ogni guisa mi rimarrò contento, eleggendo anzi di morire prendendo della morte del mio signore vendetta, che, non potendo in ciò sodisfare allo appetito dell’animo mio, sopravivere a lui. E, se non mi è dalla fortuna permesso sovra il rimanente di voi con queste mani di pigliar vendetta, mi parerá di averla presa col dispormi allegramente e animosamente a quella morte che séte per darmi. — Doppo lo avere Agilulfo cosi parlato e con le sue parole racceso nello sdegno gli animi de’ masnadieri, fu da loro incontanente, non potendo piú sostenerlo, sotto durissimi tormenti ucciso. Onde, per avere egli in parte del suo signore vendicata la ingiuria, sofferse pazientissimamente la morte, dimostrandosi sempre, fino allo uscire dello spirito, allegro; facendosi conoscere la virtú cosi ne’ nobili come in persone di bassa condizione essere riguardevole, e lasciandoci gloriosa memoria d’infinita pazienzia e amor singolare di un servo.