Pagina:Parabosco, Girolamo – Novellieri minori del Cinquecento, 1912 – BEIC 1887777.djvu/288

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e per reggere giustamente la vita sua; ché, quando in lui vegga il contrario, se sono stato cagione di farlo nascere, poich’a me spiace il suo vivere, e ne ho cagione legitima, posso e debbo farlo morire. Mi soggiungerete che è figliuolo del prencipe: io vi rispondo che la reverenda auttoritá delle leggi e la dritta bilancia della giustizia si estende sovra i prencipi ancora, e ugualmente misura gli universali delitti di tutti, e che non tacciono le leggi contra i potenti overo ampia licenza loro concedono di peccare. E, se in dispregio delle leggi umane e divine Eraclio adoperando, non fusse da me di pena capitale secondo la giustizia punito, che direbbono i popoli? Quai parole spargeriano i miei cittadini d’intorno? Potrei io giamai fuggire il nome d’ingiusto overo, per gli empi fatti del mio figliuolo, il nome di tiranno? Non debbo adunque anzi essere padre losinghevole nominato che giusto prencipe. Percioché delle cittá, dei regni, non le superbe e fortissime mura, non il numeroso essercito de’ soldati, non le alte ricchezze d’oro sono i sussidi che le conservano, ma la incorrotta osservanza delle leggi, la inviolabile giustizia; l’ufficio della quale è communicare la sua egualitá a tutti, e prestare alle sacre leggi ubidienza universale cosi nel punire come nel premiare. E non sanno i prencipi ch’allora cominciano essi a perdere lo Stato, quando cominciano a rompere le leggi sotto le quali lungamente gli uomini vivuti sono; c se, quando per li mali portamenti loro sono privali dello Stato, divenissero prudenti talmente, che conoscessero quanto facilmente tengano i prencipati coloro che non sono insolenti e che sotto le constituzioni delle leggi vivono, dolerebbe molto piú loro tal perdita e di maggior pena degni si stimerebbono di quella di che fussero stati come tiranni puniti. Perché è molto piu facile essere da’ buoni che da’ cattivi amato, e alle leggi ubidire che voler loro commandare. E, in questa guisa governandosi, sarebbero cagione che gli uomini retti da loro, essendo ben governati, non cereheriano né vorriano altra libertá, come giá per innanzi si è veduto de’ buoni prencipi ; la vita dei quali a noi uno specchio dee essere di quella forma di sicurtá e tranquillitá, che suole finalmente tanta sodisfazione apportare a chi regge. Per tornare