Pagina:Parabosco, Girolamo – Novellieri minori del Cinquecento, 1912 – BEIC 1887777.djvu/392

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se non per cose grandi. Il perché conchiudo che, prendendo i ragionamenti d’oggi da cotal materia qualitá, altro esser non possano che onorati e cari. E posciaché voi cosi disposto avete ch’io deggia essere il primo che sovra di ciò ragioni, e io il farò, proponendovi in due petti di donne, l’tina ver’ l’altra con amorevole affetto congiunte, uno specchio di vero amore e di sincera fede, accompagnata da un generoso proponimento e da ferma costanza; accioché le virtú conosciate non solamente degnarsi di abitare nei virili animi, ma ovunque si sentono essere ricevute e gradite.

Recitano le istorie che, avendo anticamente Ippone occupata la tirannia di Messina, nobile cittá di Sicilia, e crudelissimamente quei popoli trattando, fu cagione che per ciò in acerbo e giusto odio ai medesimi cittadini ne venne. Onde, doppo lo avere egli alquanto tempo quivi signoreggiato, e non potendo quelli la sua tirannia pazientemente sostenere, alcuni di loro, convenutisi insieme, congiurarono d’uccidere il tiranno; e non solamente lui, ma tutti i suoi figliuoli ancora, accioché si levassero affatto dinanzi il sospetto della servitú. Però, attendendo essi l’occasione d’adempire il loro lodevole proponimento, e venuto quel giorno nel quale dovevano acquistare e gridare la libertá, secondo l’ordine preso tra loro, entrarono al palagio del tiranno; e lui, sproveiluto (come quegli che di ciò nulla sospettava), subitamente uccisero, e con esso lui parimente due figliuoli maschi. Aveva ancora Ippone una figliuola giá grande e da marito, nominata Flavia, la quale cercando i congiurati per ucciderla, accioché niuno della schiatta del tiranno restasse, avenne che, accorgendosi di ciò una sua vecchia nudrice, la quale questa giovane a paro della sua vita amava, tanto potè lo amore che a lei portava, che sostenne di fare che una sua figliuola, chiamata Emilia, di etá e di volto a Flavia molto simile, degli onorati panni della figlia del tiranno si vestisse e tostamente in una camera corresse, dove i congiurati d’entrare procacciavano. Gittate adunque costoro le porte della camera a terra, e quivi trovando Emilia, tennero per certo che fusse ella la figlia del tiranno, che cercando andavano; onde le corsero affosso con Tarmi, e l’infelice giovane, senza punto