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26 opere drammatiche


SCENA V

Ascanio, e poi Venere e Coro di Geni.

Ascanio. Cielo! che vidi mai! quale innocenza,

quale amor, qual virtú! Come non corsi
al piè di Silvia, a palesarmi a lei?
Ah questa volta, o dea, quanto penoso
l’ubbidirti mi fu! Vieni e disciogli (Venere sopraggiunge
questo freno crudele... col coro de’ geni)
Venere. Eccomi, o figlio.
Ascanio. Lascia, lascia ch’io voli
ove il ridente fato
mi rapisce, mi vuol. Quel dolce aspetto,
quel candor, quella fé, quanto rispetto
m’inspirano nell’alma, e quanti, oh dio,
quanti mantici sono al mio desio!
Ah di si nobil alma
quanto parlar vorrei!
Se le virtú di lei
tutte saper pretendi,
chiedile a questo cor.
Solo un momento in calma
lasciami, o diva, e poi
di tanti pregi suoi
potrò parlarti allor.
Venere. Un’altra prova a te mirar conviene
de la virtú di Silvia. Ancor per poco
soffri, mia speme. Appena
qui fia ia pasturai turba raccolta,
che di mia gloria avvolta
comparir mi vedrá. Restano, o figlio,
restano ancor pochi momenti, e poi...
Ascanio. Da un core impaziente
che non pretendi, o dea! Ma sia che vuoi.