Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/203

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Oui rv non si fermò la carriera delle belle arti ’A  : nerrhé O cri; ’ un. mini, sempre avidi di raccogliere nuovi stromenti e di porre in opera nuovi mezzi onde accrescere il numero e la intensione de’ loro piaceri, fecero un altro passo; e, ad imitazione della natura, si valsero de’ medesimi oggetti, i quali da se soli non erano atti ad eccitare una grata sensazione, e, componendoli con gli altri e dirigendoli ad un fine, fecero si che, ora per la composizione in cui entravano, ora per il fine al quale erano diretti, contribuissero non meno degli altri a render bello quel tutto, che doveva essere opera dell’arte; e spesse volte contribuissero ancora a rilevar meglio e a dare maggior forza agli altri oggetti che entravano nella composizione, e cosí ad accrescere di forza e d’intensione il piacere che ne veniva cagionato dall’arte. Osservarono gli uomini che gli oggetti composti, i quali, presentatici dalla natura, eccitano nell’anima nostra il sentimento del bello, qualora al nostro senso venivano risoluti in altri oggetti piú semplici, fra questi oggetti piú semplici, in cui l’altro era risoluto, ce n’erano di quelli che erano per sé atti ad eccitare una grata sensazione, e di quelli che non producevano questo effetto; ma che cosí gli uni come gli altri, riunendosi di poi nel loro composto, servivano tutti egualmente a formare un tutto che ne piaceva. Questo, che accadeva nella natura, appresero gli uomini ad eseguirlo anche nell’arte: e perciò il musico, per esempio, ammise talvolta nella sua composizione delle dissonanze; il dipintore, de’ colori che non sono per se medesimi aggradevoli all’occhio; il dipintore e lo scultore ammisero talvolta qualche sproporzione ne’ loro disegni; lo scrittore talvolta qualche negligenza nella grammatica; il versificatore talora delle parole difficili a pronunciarsi ed aspre ad udirsi, e de’ versi manco sonori e manco armoniosi; e il poeta qualche volta de’ concetti e delle immagini e dell’espressioni alquanto bizzarre. Le quali cose furono all’arte permesse ora per necessitá indispensabile dell’arte medesima, ora per non impoverirla di stromenti, ora per creare un bello maggiore, sagrificandone un minore, secondo le varie applicazioni, intenzioni e fini delle respettive arti e degli artefici respettivi, come