Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/350

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vero, che ordinariamente vanno di compagnia, ci si presentano innanzi alla guisa di due cortesi geni facili ed ignudi; ma la futilitá e l’illusione, che per sostenersi hanno bisogno di mille artifici ed ornamenti, ne compaiono innanzi alla foggia di que’ geni finti, che alle volte s’introducono sulle scene adorni di variopinti pennacchi che loro s’inalberano sovragli argentati cimieri, e fieri e pomposi per iscudi, e per arte rilucenti d’oro e di gemme. Da queste fastose apparenze noi ci lasciamo abbagliar piú facilmente che non ci lasciam lusingare dalle semplici grazie native. Quindi noi veggiamo si di frequente correre scapigliati ed affannosi molti uomini di lettere dietro ad una fatua erudizione, la cui materia, siccome fu di poca o nessuna importanza agli antichi, cosí non dovrebb’cssere di nessun momento a’ nostri tempi, o dietro a molte parti delle scienze astratte, che non possono contribuire giammai nella pratica all’iiso ed al vantaggio degli uomini. La facile gioventú, eh’è priva dell’esperienza, veggendo correre affannati questi antesignani, bene spesso ancora a lei assegnati per condottieri, s’incammina sulle lor orme, e spera d’arrivar con esso loro a possedere la cosa; e allora s’accorge di non essere andata in traccia d’altro che dell’ombra, quando la possa non basta al ritornarsene addietro, e troppo vicina è la sera, perché le resti tempo da mettersi sul cammino migliore. Questa è la ragione per la quale noi compiangiamo la perdita di tanti begl’ingegni e di tanti begli anni, onde la patria poteva sperare utilitá insieme ed onore, ove in cambio si vede compassionevolmente elei le sue speranze delusa. Ma ben piú compassionevole è la sventura della patria e del pubblico, se si osserva che questa dannosa curiositá spesse volte conduce le ardite menti de’ suoi letterati cittadini si innanzi, che doppio svantaggio gliene accade, e del bene che perde, e del male che gliene emerge. Ciò accade singolarmente nelle filosofiche e nelle teologiche scienze; conciossiaché lo sfrenato amatore d’ogni sorta di sapere, non essendosi proposto l’utilitá per meta de’ suoi studi, audacemente varca ogni limite, con danno della morale e della religione.