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XXXVIII Al libraio Giuseppe Bernardoni. — Milano Gli parla di una edizione de’ suoi versi, che egli prepara, e specialmente dell’ode All’inclita .Vice. Stimatissimo signore, Una invincibile mia pigrizia a scriver lettere ha fatto che io non ho risposto alla sua graziosissima prima, e tardato di rispondere alla seconda Gliene chiedo perdono, c supplisco come posso al presente. La ringrazio cordialmente della premura Ch’Ella si è presa di farmi trascrivere la carta da lei mandatami, e ciò soltanto per soddisfare una mia vana curiositá. Ho letta la canzone All’inclita Nice e Elio trovata ottimamente corretta, salvo che nel verso: «Vale passando», ecc., dove, invece di «leve», vorrebbe scriversi «lieve». Quanto al resto dell’edizione, conoscendo io il carattere e l’abilitá di lei, veggo che non posso essere in migliori mani. Solamente la priego che, qualora le paia di dovervi apporre qualche note queste siano modestissime e semplicissime, senza rimprovero, né diretto né indiretto, di cosa o persona veruna. Circa il verso: «Noia le facezie», ecc., Ella potrá dire che nelle altre edizioni, dopo la prima di Milano, vi si sono fatti de’ cangiamenti, per non essersi dagli editori avvertito alla pronunciazione toscana e agli esempi de’ buoni scrittori di versi nell’uso delle parole che hanno dittongo o trittongo, come accade della parola «noia», ecc. Ella potrá ciò dire e piú brevemente e meglio che ora non ho fatto io; del che le lascio ogni libertá. La canzone Ali inclita Nice non amo che abbia nota veruna indicante la persona, a cui è supposta diretta.