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camera dei deputati — sessione del 1848



Così procedevano le cose sino al 1881. Allorchè l’ispettore generale di polizia (che io nomino per ragione di encomio) sentendo che un terribile conto avrebbe dovuto rendere a Dio de’ suoi assoluti giudizi, volle che fosse almeno divisa con altri la sua tremenda autorità, volle che almeno fosse ascoltato l’avviso di una specie di collegiato consesso, ed allora il conte Lazzari provocava ed otteneva un regio provvedimento, col quale si instituivano i consigli di governo.

Atto di progresso poteva allora questa instituzione considerarsi: ma che? era forse tutelata per questo la sicurezza personale? No pur troppo. Di chi erano composti i consigli di governo? Si componevano nella capitale del signor vicario, del signor comandante, dello stesso ispettore generale di polizia, e dell’avvocato fiscale generale, tutti ufficiati del pubblico ministero, i quali rappresentavano l’accusa, ma nessuno di essi rappresentava le imparzialità del giudice, e si giudicava al solito colle semplici informazioni del signor sindaco, del signor brigadiere, e del signor commissario, senza alti formali, senza giurati testimonii, senza difesa, senza giustificazione, senza la presenza dell’accusato; e qualche morale induzione era sufficiente perchè un libero cittadino fosse sepolto vivo nei castelli di Saluzzo e d’Ivrea, nei bagni di Nizza e di Villafranca, nei tetri cancelli di Genova, di Alessandria e più ancora della remota Sardegna; e così erano dalla polizia sottratti i cittadini alla competente magistratura contro ogni principio di pubblico e privato diritto; ma ciò era poco in confronto alla violenza che veniva praticata in odio dei cittadini che softoposti ai tribunali ottenevano una sentenza di assoluzione.

Quante e quante volte accadeva che un infelice in primo e secondo giudizio, dalla Prefettura, e poi dal Senato dichiarato innocente, venisse crudelmente dalla polizia dichiarato colpevole e a fiera pena sottoposto!

Come ciò seguisse sarebbe troppo doloroso rivetarlo e troppe ancora ci sta dappresso il passato, perchè possiamo intrepidamente chiamarlo a giudizio in cospetto della generazione presente.

Frattanto non vuolsi tacere che molti dei processi che la polizia trasmetteva al Senato portavano una fatale lettera in fronte nella quale erano scritte queste testuali parole: «Nel caso che le EE. VV. non trovassero sufficienti motivi per condannare l’inquisito, sono richieste a trattenerlo in ogni modo in carcere a disposizione della polizia.»

Fatta lettura di questo foglio, il Senato pronunziava, secondo ragione e giustizia la sua sentenza: salva sempre la ragione e la giustizia che doveva fare in seguito la polizia.

E qual era in quest’orribile conflitto la missione dei difensori?. Dirò cosa incredibile ma pur vera: cosa che mi stringe il cuore d’angoscia e mi riempie gli occhi di lagrime Udite!

I difensori si sono trovati più di una volta nella crudele condizione di far comparire colpevole un innocente per salvarlo da più tetri destini; per sentimento di umanità, per sentimento di supremo dovere erano costretti i difensori a far sorgere dalle tavole processuali qualche apparenza di colpa, acciocchè il magistrato potesse condannare a sei mesi, anche ad un anno di carcere quell’infelice perchè sapevano che rimanendo sotto la giurisdizione del magistrato, e subita quella tenue pena, era certo almeno l’accusato di tornare ai domestici amplessi. Quando invece, venendo assolto, lo aspettava la Sardegna colle sue torri, coi suoi bagni, coi forzati suoi lavori, e ci sa per quanti anni, chi sa per quanti lustri!

Ho inteso ieri con soddisfazione dal deputato Vesme, primo uffiziale di polizia, come nel ministero dell’interno si vada pensando a rilasciare quotidianamente più d’uno di questi sventurati; ma questi speciali provvedimenti non bastano a riparare con un grande atto di giustizia tanti atti di crudeltà.

Parmi anche dicesse il signor Vesme che legali erano quei provvedimenti dei consigli di governo; ed erano legali infatti perchè emanavano dalla assoluta potestà che allora stava sopra alla legge; ma era quella una funesta, una lagrimevole legalità, ed è appunto per isvellerne da radice ogni traccia, che io propongo alla Camera un provvido atto legislativo che faccia scomparire per sempre una istituzione che non avrebbe mai dovuto salutare la luce.

Qui alcuno per avventura potrebbe osservarmi che io intendo a ripopolare il Piemonte di gente immorale e malefica; e certo non mancheranno coloro che avranno con male opere, o con male intenzioni provocate le folgori della polizia; ma sarà più singolar merito degli illuminati amministratori che ci governano di conciliare con savie disposizioni l’obbligo che a noi core di giustizia, col bisogno che tutti abbiamo di ordine e di tranquillità.

Io ho per fermo che di ministro della giustizia per allontanare ogni pericolo non tarderà a presentarci una legge più provvida di quella che abbiamo contro gli oziosi e i vagabondi, come pure che egli porrà mente a instituire al più presto un tribunale di polizia correzionale, il quale giudichi secondo ragione e giustizia di quei cittadini, che privi di mezzi di sussistenza non vogliono pensare a procurarsela coll’onorato lavoro delle braccia, col nobile sudore della fronte.

Parmi inoltre che il signor Vesme, accennando a coloro che trovansi per provvedimento di polizia arruolati per forza nelle compagnie, chiamate di rigore, stanziate in Sardegna, abbia detto che si vogliano mandare sotto i regli vessilli a combattere in Lombardia; © se ciò fosse, ne proverei acerbo rammirico.

La santa guerra italiana non vuol essere propugnala da braccia che portino l’impronta di ingiuste catene.

Siano gli infelici restituiti alla famiglia, ritornati alla società, e divenuti liberi, se vorranno combattere per italica indipendenza, accetterà Iddio il sacrifizio del loro sangue, e ta patria scriverà i loro nomi nelle pagine della pubblica riconoscenza; ma, condannati e percossi, non debbono portare con noi le armi, e la loro partecipazione alla guerra sarebbe per essi un insulto, per noi un rimprovero.

Signori, la legge che io vi propongo non potete ricusare di sancirla; questa legge è un invito che io vi fo a rivendicare i diritti dell’umanità contro gli arbitrii dell’assolutismo. Vi invito a terger lacrime versate, a consolar dolori.iniquamente sofferti, e puichè non possiamo cancellare i torti del passato, facciamoli almeno dimenticare colla carità del presente, e colla giustizia dell’avvenire, (Gazz. P.)

IL PRESIDENTE prima di dar principio alla discussione interpella la Camera se intenda appoggiare la proposizione del deputato Brofferio, notando che a termini del Regolamento è necessaria l’adesione di cinque membri.

(La Camera appoggia la proposta).

SCLOPIS ministro di grazia e giustizia è d’accordo in principio col preopinante; riconosce perfettamente gli abusi accennati dal medesimo, non che l’urgenza di corrervi al riparo; dichiara che anche nel suo dipartimento si faceva uso di provvedimenti economici; rassegna alla Camera uno stato numerico dei varii ditenuti ecclesiastici tacendone però i nomi, alcuni di essi stati rinchiusi per sentenza di morte commutata dal Re in reclusione perpetua; altri in dipendenza di misure economiche, di quali ultimi un solo trovasi ora recluso; annunzia essersi già spedito l’ordine del rilascio anche per