Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti.pdf/102

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Relazione fatta alla Camera il 27 dicembre 1854 dalla Commissione composta dei deputati Sappa, Pattini, Farini, Pescatore, Tecciiio, Slellana e Cadorna Carlo, relatore. Signori ! — Tre ordini di prescrizioni si contengono nel progetto che ora è sottoposto alle vostre deliberazioni. Le une riguardano la soppressione della personalità civile d’alcune comunità e di stabilimenti religiosi, e contengono provvedimenti relativi alle persone che attualmente li compongono, ed ai pesi degli stabilimenti soppressi. Le altre hanno per soggetto i beni materiali delle comunità c degli stabili! menti soppressi ; beni che lo Stato amministra, ma che non si appropria, e che sono soltanto convertiti in valori d’altra natura ed assoggettati ad altri osi del culto. Le ultime riguardano una parte delle rendite d’altre comunità o stabilimenti, la di cui personalità civile è mantenuta, la qual parte è trasportata dagli attuali possessori o stabilimenti ecclesiastici a benefizio di altre persone ecclesiastiche, o destinata all’adempimento di servizi religiosi. Giudicando quali siano i diritti dello Stato rispetto alla civile esistenza di codesti enti morali, e quali siano i di lui diritti sui loro beni, ossiachè continui la civile ioro personalità, ossiachè siano soppressi, si stabiliscono i fondamenti giuridici della presente legge. La Commissione esaminando innanzitutto per questo rispetto il progetto di legge, e primamente quella parte che riguarda ia soppressione delle comunità e degli stabilimenti suaccennati, riconobbe unanime che ogni discussione relativa all’eguaglianza dei cittadini in faccia alla legge ed al loro diritto d’adunarsi pacificamente per qualsivoglia scopo religioso, politico od economico è affatto estranea al soggetto della presente legge, la quale ha per iscopo di far cessare la personalità civile dei detti corpi e stabilimenti e quei civili diritti che le leggi hanno attribuiti alla legale loro esistenza, e non riguarda punto i diritti civili o politici degl’individui componenti le dette comunità, i quali diritti rimangono intatti all’egida dello Statuto e delle leggi da cui sono regolati. , Noi fummo similmente unanimi nel riconoscere che il presente progetto non implicava veruna immisehianza del potere civile in affari spirituali, essendoché esso provvegga intorno a comunità ed a stabilimenti ecclesiastici, soltanto per rispetto 1 alla loro civile esistenza, ed ai beni e diritti meramente temporali, che a questa civile personalità si connettono ; nè si ? potesse negare alla civile podestà il diritto di disporre con , sovrana indipendenza intorno a cotesti oggetti, senza spo) gliaria dei principali di lei attributi, e dei mezzi naturali e necessari ali’adempimento dei di lei doveri, il che sarebbe la negazione della sovranità. Ciò posto, la Commissione fu unanime nell’aromeltere il principio, che è fondamento giuridico della detta soppressione, cioè : che la personalità civile di quegli enti che non hanno un essere naturale, e naturali diritti, e che non sono il risuttamento di diritti individuali insieme riuniti, è crea] zione della sovranità civile, sicché quella personalità per autorità del potere civile incomincia ad esistere, per essa continua la di lei esistenza, e per volere delia medesima, da pubblica utilità consigliata, si modifica o si estingue dai punto che non sia più da lei mantenuta. A confermarci in questo inconcusso principio non ci fu mestieri esaminare ia speciale natura di codesti enti, i quali non avendo vita naturale, e non essendo costituiti dalla rappresentanza collettiva di diritti individuali e naturali, non SfSSiosE gei, 1853-54 — Documenti — Voi. Ili, 206 potrebbero avere una personalità civile e civili diritti, se la legge civile non li avesse creati, e coll’azione propria continuamente non li conservasse. Noi non dovemmo del pari risalire a quegli eminenti principii che reggono i poteri della sovranità ed i! pubblico diritto delia società, pei quali niun corpo può esistere civilmente nel gran corpo sociale, con una esistenza non originata dall’autonomia degl’individui che io compongono, se non in quanto ia società lo consenta, ed anzi se non effettui essa stessa una tale creazione nel proprio seno, e per cui non possono esistere diritti che non derivino dalla natura, fuori quelii che dalla sovranità stessa civile siano creati e mantenuti in quel modo, e con quelle forme che sono proprie di ciascun Governo. Codeste indagini erano rese superflue da che egli è fuor di ogni dubbio, che il principio fondamentale or accennato è una delle massime del diritto pubblico interno del nostro Stato, e che venne sempre consacrato dalle nostre leggi, dalle -consuetudini e dai magistrati. E per fermo l’articolo 5 del Codice civile mantiene l’autorità e giurisdizione dei magistrati laici in ciò thè, concerne gli affari ecclesiastici secondochè l'uso e la ragione richiedono, e gli articoli 25 e 717 ne! mentre che conferiscono con podestà di legislatore ai corpi morali i diritti degl’individui, stabiliscono ia loro subordinazione al potere supremo della legge. Lo slesso Codice civile all’articolo 1|35 confermando un principio che rimase sempre fra noi inviolato stabilisce che sotto il nome di beni della Chiesa s'intendono quelli che appartengono ai singoli benefizi ed altri stabilimenti ecclesiastici. Dai motivi ufficiali del detto Codice risolta che questa disposizione fu ordinata per mantenere intatta l’antica massima presso di noi, per la quale io Stato non riconosce altro proprietario o possessore dei beni suddetti, né entro, nè fuori del suo territorio, fuorché i singoli stabilimenti a! cui servizio sono adoperati. Lo Stato non riconosce il diritto di proprietà presso alcun corpo indipendente dal potere civile, ed anzi lo concede solo a quegli enti la cui civile esistenza dalla legge onninamente dipende. Fin dai più antichi tempi venne contrastata ogni ingerenza estranea alla civile podestà sopra le cose temporali addette al servizio del culto, od agl’instituti al medesimo relativi. Persino allorquando per connessiti d’affari temporali e spirituali si credette opportuno di scendere a trattative, venne gelosamente rifiutata, rispetto agli affari temporali, ogni forma che non si conciliasse pienamente colla sovrana indipendenza dei potere civile. I beni appartenenti a corporazioni e stabilimenti soppressi vennero talvolta incamerati ; gli oggetti materiali inservienti al culto vennero destinati ed adoperati in pubblici usi, e quando fu mestieri la civile podestà sequestrò anche i beni e le rendite dei vescovadi, per far rispettare, da cbi fosse riluttante, la propria autorità. Le nostre leggi ed i nostri magistrati non hanno mai dimenticato che il possessore di un benefizio investito di qualsivoglia officio o dignità ecclesiastica vive sotto la protezione delle leggi civili, ed è pur sempre cittadino subordinato alle leggi, alle quali debbe, a) pari d’ogni altro, obbedienza e rispetto e le sanzioni penali ripetutamente applicate non lasciarono questo principio senza esempi di pratica utilità. Vexequatur regio, che fu ed è pur sempre necessario alla esecuzione di provvedimenti provenienti dall’estero riguardanti instituzioni di benefizi, o di parrocchie, o nomine di beneficiati, e di parroohi, o qualsivoglia altro oggetto che non