Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti.pdf/120

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ociie si coprirebbe con ciò che si toglie alle comunità e stabilimenti religiosi ed alle mense vescovili ciò che rimane dì disavanzo per suppiimenti di congrue ed altri consimili usi ecclesiastici, in seguito alla cancellazione dal bilancio delle lire 928,412. Il sistema che si vuole adottare a noi sembra riprovevole perchè intacca essenzialmente, come già si è accennato, la proprietà. Diffatti, che cosa è la proprietà se non il diritto dì godere e disporre delle cose nostre nella maniera la più assoluta, purché non se ne faccia un uso vietato dalle leggi o dai regolamenti? (articolo if59 del Codice civile.) Ora, chi potrà dire che altri goda di questo diritto quando una parte notevole de’ suoi proventi gli viene tolta dall’autorità pubblica per darla ad un altro individuo o corpo morale che non è proprietario delia cosa dimezzata ? Nè quest’attribuzione si sostiene coll’argomento che noi qualificheremo di specioso, ma che non possiamo per nulla riconoscere nè come filosoficamente sodo, nè come legalmente giusto, cioè che, trattandosi di beni tutti compresi per la qualità e per il titolo di coloro che li posseggono in una destinazione di causa religiosa o pia, non sia una violazione di proprietà il togliere all’uno per dare all’altro quando l’interesse della causa sembri richiederlo. Quest’argomentazione cade, a nostio avviso, se si considera che secondo la lettera e lo spirito della nostra legislazione ìa proprietà non è acquistata alla Chiesa universale, i beisi dei vari stabiFmenti ecclesiastici non costituiscono una massa, per così dire, comune, od almeno subordinata a certi rapporti di conguaglio tra loro. Ben diversamente sta la cosa nella nostra legislazione ; sotto nome di beni delia Chiesa s’intendono quelli che appartengono a' singoli benefizi od altri stabilimenti ecclesiastici (articolo 453 del Codice civile). Ed a chiarire il pretto senso di questa disposizione, vale a dire che non la massa dei berti posseduti dalla Chiesa nello Stato, ma i soli singoli benefizi od altri stabilimenti ecciesiastiei sieno riconosciuti nella loro individualità quali distinti proprietari dalie nostre leggi, servono le discussioni che ebbero luogo per l’elaborazione del Codice civile, e che furono stampate. Dr esse risulta che col « servirsi del nome di Chiesa in singolare non si è mai potuto con fondamento elevare il dubbio, che siasi voluto indicare la Chiesa universale, o la riunione del fedeli per attribuirne la proprietà a tutto il corpo, e non a ciascuno dei suoi stabilimenti in particolare » (1). Quindi, a termine delie nostre legislazioni, gli stabilimenti ecclesiastici hanno individuale non collettiva proprietà, e quindi non è lecito il togliere forzatamente ad uno di essi, per feria ail’aitro, qualsivoglia parte delle rispettive proprietà. Nè si dica che, siccome questi stabilimenti sono soggetti in qualità di inanimarle a certe restrizioni di capacità d’acquistare, od a certi aggravi di tassa loro imposti dall’autorità civile, così esse seguono, anche quanto all’intrinseco della proprietà loro spettante, norme speciali modificabili a talento del Governo. Questa argomentazione sarebbe pure ai nostri occhi compiutamente erronea e contraria alle leggi. Infatti bisogna bene distinguere tra la qualità intrinseca e fi) V. Bissaste delta regia Commissione di legislazione alle osservazione dei Senati, eco,, tìt. DellaxlisUnstime chi tieni, pag. 17» sostanziale del diritto di proprietà e la capacità di acquistarlo. Libero è all’autorità civile il determinare chi sia capace di acquistare la proprietà nelio Stato, ma una volta che la capacità è data o senza limiti o con restrizioni, ciò che si acquista si unifica col diritto di godere della cosa acquistata ne! modo il più assoluto, Le tasse particolari poi che s’impongono alle manimorte non sono se non l’equivalente delle tasse sulle mutazioni di proprietà, ìe quali mutazioni, essendo molto meno frequenti nelle inanimarle che non nei privati individui, ne verrebbe alle finanze dello Stato uno scapito a fronte di quanto si ricava dalle mutazioni di proprietà nei beni liberi. Il Codice civile pone sulla stessa iinea senza restrizione, nè limitazione, nè soggezione veruna le proprietà della Chiesa con quelle della Corona, dei comuni, dei pubblici stabilimenti e dei privali (articolo 418). L’articolo 29 dello Statuto di già citato dichiara a sua volta tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, inviolabili. L’articolo 436 dello stesso Codice stabilisce bensì che i beni della Chiesa, dei comuni, delle opere pie e di altri pubblici stabilimenti non possono essere amministrali ed alienati se non nelle forme e colie regole che loro sono proprie; ma le forme e le regole sopra l’amministrazione e Falle— zione dei beni non intaccano per nulla il godimento della cosa di cui uno sia proprielario. Anzi l’osservanza di quelle forme e di quelle regole sono tutte dirette a tutelare l’integrità dei possesso, contro cui si eleverebbe il progettato concorso di quota forzata. Dunque, se male non ci apponiamo, la ragione intrinseca delle proprietà, il testo della legge politica, il testo della legge civile, tutto contraddice all’ideato concorso di quota forzata da contribuirsi da chi ne ha più a chi ne ha meno. Ma forse che tale concorso si potrebbe sostenere come carico d’imposta? Ma a ciò, siccome pure abbiamo già avvertito, osta, a nostro credere, perentoriamente l’articolo 23 dello Statuto. Ostano poi del pari ragioni intrinseche che lascieremo esporre da penna ben più esperta che non possa essere la nosi ra. « La proportionnalité, scrive in materia d’imposte nell’eccellente suo libro De la propriété il signor Thiers (I), est un principe, mais la progression n’est qu’un odieux arbitraire. Les frais de la protection sociale représentent un dixième du revenu total; eh bien! soit le dixième pour tous. Je comprends ce principe, car on paiera en raison de ce qu’on aura coûté à la société, en raison du service qu’on en aura ' reçu, comme dans une compagnie, dont le capital est divisé par actions, s’il faut un prélèvement par action, on paiera le môme prélèvement par chaque action, qu’on en ait mille ou cent mille. Exiger le dixième du revenu pour l’un, le cinquième pour l’autre, le tiers pour un troisième, c’est du pur arbitraire, c’est de la spoliation, je le répète. » Non progrediremo più oltre nel nostro esame del progetto di legge presentato dal Ministero ed in quello dell’opinione che ha acquistato la maggioranza nel seno dell’ufficio centrale. , Noi ricusiamo il progetto ministeriale, non meno che il partito della quota forzata di supplemento o di contributo che dir si voglia, non già perchè non si riconosca da noi l’importanza e la gravità delio scopo finale che si propone il Governo, ma perchè non crediamo accettabili i mezzi coi quali s’intende di raggiungere tale scopo. (1) V. liv. IV’, ekap, in,