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alla nave1, e di allegoria è sentore nell’appello, tutto interrogazioni, a Lydia, che con l’amor suo corrompe un uomo che era famoso per la sua fortezza2. Il poeta studia ancora, nell’anno che Antonio (il Paris, il Sybaris) e Cleopatra (la Helene, la Lydia) minacciano il Capitolium. Egli sfoglia il grande poeta stasiotico, Alcaeo, il cantore delle battaglie e delle fughe di tiranni; e si fa la mano su metri di lui meno caratteristici, come quello dell’ode [II-XVIII] già ricordata, e un altro, adoperato anch’esso una volta sola, a esprimere il lamento d’una fanciulla innamorata a cui è conteso e l’amore e l’oblio3. La fanciulla, Neobule, ha dimenticato le tele e il fuso, come Sybaris le armi e i cavalli; ed è innamorata d’un giovane, quale Sybaris era prima che lo amasse Lydia. Il metro è ionico a minori, come è anche così spesso in Anacreonte; ma Orazio non pensa più al molle poeta di Teos. Nell’anno, in cui di nuovo è in gioco Roma e la sua fortuna, egli è tutto rivolto al poeta Mytileneo di cui la grande casa sfavilla di bronzo4.

Presta dunque, o poeta che cantasti la morte di Myrsilo, il tuo barbiton al poeta romano: νῦν χρή... Fu decretata la supplicatio che precede il trionfo; nei templi tutti, avanti gli dei, protettori dell’impero, è fatto il lectisternium. Gli dei banchettano, banchettino anche gli uomini; la città è in festa, sia in festa ogni casa. Nella primavera del 723, quando la speranza combatteva ancora col timore,´

  1. C. VI. [I-XIIII].
  2. C. VII. [I-VIII].
  3. C. VIII. [III-XII].
  4. Alc. 15 Bergk.