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dell’unità restituita all’impero, della sicurezza della pace tanti anni bramata. Egli accolse l’invito di Augusto: ab Augusto Aeneidem propositam scripsit1. Non era dunque il poema disegnato da giovane? Era sì, perchè questa Aeneis era chiamata ancora gesta populi Romani: quanto a dire res Romanae2. Ma dunque le res Romanae che lasciò da parte, avrebbero dovuto essere l’Eneide quale poi fu? Crediamo per certo che le avventure di Enea avrebbero dovuto esservi comprese, come nel Bellum Poenicum di Naevio e negli Annales di Ennio: ma non si può dire se il resto della storia di Roma doveva esservi trattata, come a me pare probabile che fosse trattata in Naevio, in forma di vaticinio, e come poi fu veramente trattata nell’Eneide, con la νεκυία e lἀσπιδοποιία, o come fu esposta da Ennio continuatamente e per ordine di tempo. Si può imaginare verisimilmente che l’invito d’Augusto fosse determinato dal fatto che egli si teneva ed era tenuto diretto discendente di Iulo figlio di Enea, e che tale fatto determinasse il poeta ad assegnare nel suo poema la prima parte ad Enea, il quale «forse» nel disegno giovanile non aveva maggior parte di quella che avesse nel Bellum Poenicum e negli Annales. Questo si può imaginare, non altro; non per esempio, che l’invito di Cesare fosse a cantare le sue vittorie e che Vergilio lo accettasse, sulle prime facendo di esse la parte centrale e sostanziale del poema, e poi modificasse il suo pensiero, e met-

  1. Serv. praef.
  2. Serv. ad vi 752: unde etiam in antiquis invenimus, opus hoc appellatum esse non Aeneidem, sed gesta populi Romani.