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dramma che gli antichi derivarono dall’opera stessa; l’amore di Neobule. Era la poesia dell’amore respinto, quella d’Archilocho, della fede spergiurata; e ciò con tutte le ondulazioni d’un’anima che passa da una finta rigidezza a un intenerimento improvviso, dall’ironia amara all’odio aperto e grave. È la poesia della lotta per la vita nel suo momento più commotivo, in quello dell’amore; ed è poesia che parla di donne, ma ad uomini; quindi cruda nella espressione. Una cosa grande io so, egli dice1

render male a cento doppi, s’uno male faccia a me.

Si fa talora coraggio:

Cuore, cuor tumultuante per un turbine di guai,
su! difenditi a piè fermo, petto avanti, o cuore: va.
C’è un agguato di nemici: tu rimani in sicurtà,
fiero; e poi vittorioso non menarne vampo, nè
vinto devi chiuso in casa piangere o buttarti giù,
ma gioisci delle gioie, ma rattristati de’ guai,
pur non troppo: riconosci questa vita quale ell’è2.

Spera negli dei:

Negli dei riponi il tutto: bene spesso di tra’ guai
l’uomo che giaceva per la nera terra alzano su,
bene spesso un altro curvano e rovesciano, che sì
ch’era in gambe e fiero, ed ecco che una gran calamità
viene, ed egli va ramingo, senz’averi e fuor di sè3.

motivi, questi, dell’elegia. Ma l’amore persiste:

  1. Arch. 65 B.
  2. id. 66.
  3. id. 56. Cfr. Theogn. 1048.