Pagina:Pascoli - Traduzioni e riduzioni, 1923.djvu/179

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favole 151


infelicità degli uomini

Tutte le bestie sono beatissime,
     e più savie, più molto, che non gli uomini.
     Prima di tutto, guarda un po’ quell’asino.
     Egli è nato in mal punto, a non rispondere.
     Pur malanno non ha che fatto e’ s’abbia
     da sè: de’ naturali egli contentasi.
     Ma noi, che! Fuor de’ mali necessarii,
     altri, noi stessi ci se ne procaccia.
     Qualcun sternuta? ci attristiam. Bestemmia?
     ci adiriam. Solo ch’un si sogni, temesi;
     tremasi sol che una civetta gracidi.
     Mode, garbugli, ambizioni, dispute:
     alla natura giunte di miseria!


il lupo guerriero

Diceva un lupo giovanotto a una volpe:

     — Era un eroe mio padre, di gloriosa memoria,
     erasi fatto così terribile a tutto il dintorno!
     Egli domò via via piucchè duecento nemici:
     l’anime loro sospinse allo squallido regno dell’Orco.

Qual meraviglia se finalmente sott’uno lasciò la vita? —

“Ecco„, rispose la volpe: “in un canto funebre sta bene dir così: in una storia si dovrebbe dire invece: — I duecento e più nemici, che domò via via, erano pecore e ciuchi, e quell’uno che domò lui, fu il primo toro, ch’egli osò assalire„.