Pagina:Pastor fido.djvu/94

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   La fede mia di non fuggir. Sa. Qual fede,
   Perfidissima femmina? ancor osi
   Parlar meco di fede? I’ vò condurti
   Ne la più spaventevole caverna
   Di questo monte, ove non giunga mai
   Raggio di sol, non che vestigio humano,
   Del resto non ti parlo, il sentirai.
   Farò con mio diletto e con tuo scorno
   Quello strazio di te, che meritasti.
   Cor.Puoi tu dunque crudele à questa chioma
   Che ti legò già il core, à questo volto
   Che fù già il tuo diletto, à questa un tempo
   Più de la vita tua cara Corisca,
   Per cui giurai, che ti fora stato
   Anco dolce il morire à questa puoi
   Soffrir di far’oltraggio? ò cielo ò sorte
   In cui pos’io speranza? à cui debb’io
   Creder mai più meschina? Sa. ah scelerata
   Pensi ancor d’ingannarmi? ancor mi tenti
   Con le lusinghe tue, con le tue frodi?
   Cor.Deh Satiro gentil non far più strazio
   Di chi t’adora. oime non sè già fera,
   Non hai già il cor di marmo ò di macigno.
   Eccomi à piedi tuoi. se mai t’offesi,
   Idolo del mio cor, perdon ti cheggio.
   Per queste nerborute, e sovra humane
   Tue ginocchia ch’abbraccio, à cui m’inchino;
   Per quello amor, che mi portasti un tempo,
   Per quella soavissima dolcezza,