Pagina:Pavese - Dialoghi con Leucò.djvu/131

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(Parlano Circe e Leucotea).

circe   Credimi, Leucò, lí per lí non capii. Succede a volte di sbagliare la formula, succede un’amnesia. Eppure l’avevo toccato. La verità è che l’aspettavo da tanto tempo che non ci pensavo piú. Appena capii tutto — lui aveva fatto un balzo e messo mano alla spada — mi venne da sorridere — tanta fu la contentezza e insieme la delusione. Pensai perfino di poterne fare a meno, di sfuggire alla sorte. «Dopotutto è Odisseo» pensai, «uno che vuol tornare a casa». Pensavo già d’imbarcarlo. Cara Leucò. Lui dimenava quella spada — ridicolo e bravo come solo un uomo sa essere — e io dovevo sorridere e squadrarlo come faccio con loro, e stupirmi e scostarmi. Mi sentivo come una ragazza, come quando eravamo ragazze e ci dicevano che cosa avremmo fatto da grandi e noi giú a ridere. Tutto si svolse come un ballo. Lui mi prese per i polsi, alzò la voce, io divenni di tutti i colori — però ero pallida, Leucò — gli abbracciai le ginocchia e cominciai la mia battuta: «Chi sei tu? da quale terra generato...» Poveretto, pensavo, lui non sa quel che gli tocca. Era grande, ricciuto, un bell’uomo, Leucò. Che stupendo maiale, che lupo, avrebbe fatto.

leucotea   Ma queste cose gliele hai dette, nell’anno che ha passato con te?

circe   Oh ragazza, non parlare delle cose del destino con un uomo. Loro credono di aver detto tutto quando l’han-