Pagina:Pavese - Dialoghi con Leucò.djvu/35

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le cavalle 31



ermete   Che vuoi dire con questo?

chirone   Voglio dire che quella è la morte. Là ci sono i padroni. Non piú padroni come Crono il vecchio, o l’antico suo padre, o noi stessi nei giorni che ci accadeva di pensarci e la nostra allegria non sapeva piú confini e balzavamo tra le cose come cose ch’eravamo. A quel tempo la bestia e il pantano eran terra d’incontro di uomini e dèi. La montagna il cavallo la pianta la nube il torrente — tutto eravamo sotto il sole. Chi poteva morire a quel tempo? Che cos’era bestiale se la bestia era in noi come il dio?

ermete   Tu hai figliole, Chirone, e sono donne e son puledre a volontà. Perché ti lamenti? Qui avete il monte, avete il piano, e le stagioni. Non vi mancano neppure, per compiacervi, le dimore umane, capanne e villaggi, agli sbocchi delle vallate, e le stalle, i focolari, dove i tristi mortali favoleggiano di voi, pronti sempre a ospitarvi. Non ti pare che il mondo sia meglio tenuto dai nuovi padroni?

chirone   Tu sei dei loro e li difendi. Tu che un giorno eri coglia e furore, ora conduci le ombre esangui sottoterra. Cosa sono i mortali se non ombre anzitempo? Ma godo a pensare che la madre di questo bimbetto c’è saltata da sola: se non altro ha trovato se stessa morendo.

ermete   Ora so perché è morta, lei che se ne andò alle pendici del monte e fu donna e amò il Dio col suo amore tanto che ne ebbe questo figlio. Tu dici che il Dio fu spietato. Ma puoi dire che lei, Corònide, abbia lasciato dietro a sé nel pantano la voglia bestiale, l’informe furore sanguigno che l’aveva generata?

chirone   Certo che no. E con questo?

ermete   Gli dèi nuovi di Tessaglia che molto sorridono, soltanto di una cosa non possono ridere: credi a me che