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della vita reale; piuttosto, risolve in impulso (sintesi fondamentale o idea generatrice) di costruzione (distanza prospettica o ripensamento) l’ambiente temporale.

Ognuno, passata la trentina, identifica la giovinezza con la tara piú grave che gli pare di avere scoperto in sé. (Cfr. 31 ottobre ’37).

29 settembre.

Dovrò smettere di vantarmi incapace dei sentimenti comuni (piacere della festa, gioia della folla, affetti familiari, ecc.). Incapace sono invece dei sentimenti eccezionali (la solitudine e il dominio) e se non riesco bene in quelli comuni, è perché una ingenua pretesa a quegli altri mi ha corroso il sistema dei riflessi che avevo normalissimo.

In genere ci si accontenta di essere incapace di quelli comuni, e si crede che ciò voglia dire «essere capace degli altri».

Si può analogamente essere incapace di scrivere una sciocchezza e incapace di scrivere una cosa geniale. L’una incapacità non postula l’altra capacità, e viceversa.

Si odia ciò che si teme, ciò quindi che si può essere, che si sente di essere un poco. Si odia se stessi. Le qualità piú interessanti e fertili di ciascuno, sono quelle che ciascuno piú odia in sé e negli altri. Perché nell’«odio» c’è tutto: amore, invidia, ignoranza, mistero e ansia di conoscere e possedere. L’odio fa soffrire. Vincere l’odio è fare un passo nella conoscenza e padronanza di sé, è «giustificarsi» e quindi cessare di soffrire1.

Soffrire è sempre colpa nostra.

  1. Le parole in corsivo tono segnate, nel manoscritto, da una sottolineatura a matita rossa, evidentemente posteriore. L’A. ha annotato in margine che le sottolineature «si riferiscono alla citazione dell’11 novembre» [N. d. E.].