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I. Il mestiere di poeta (a proposito di Lavorare stanca)

La composizione della raccolta è durata tre anni.

Tre anni di giovinezza e di scoperte, durante i quali è naturale che la mia idea della poesia e insieme le mie capacità intuitive si sian venute approfondendo. E anche ora, benché questa profondità e quel vigore siano molto scaduti ai miei occhi, non credo che tutta, assolutamente tutta, la mia vita si sia appuntata per tre anni nel vuoto. Farò o non farò altri tentativi di poesia, mi occuperò d’altro o ridurrò ancora ogni esperienza a questo fine: tutto ciò, che già mi ha preoccupato, voglio per ora lasciare in disparte. Semplicemente, ho dinanzi un’opera che m’interessa, non tanto perché composta da me, quanto perché, almeno un tempo, l’ho creduta ciò che di meglio si stesse scrivendo in Italia e, ora come ora, sono l’uomo meglio preparato a comprenderla.

Invece di quella naturale evoluzione da poesia a poesia che ho accennato, qualcuno preferirà scoprire nella raccolta ciò che si chiama una costruzione, una gerarchia di momenti cioè, espressiva di un qualche concetto grande o piccolo, per sua natura astratto, esoterico magari, e cosí, in forme sensibili, rivelato. Ora, io non nego che nella mia raccolta di questi concetti se ne possano scoprire, e anche piú di due, nego soltanto di averceli messi.

Mi si intenda bene: io stesso mi sono fermato pensieroso davanti ai veri o presunti canzonieri costruiti (Les Fleurs du Mal o Leaves of Grass), dirò di piú, anch’io sono giunto a invidiarli per quella loro vantata qualità; ma al buono, al tentativo cioè di comprenderli e giustificarmeli, ho dovuto riconoscere che di poesia in poesia non c’è passaggio fantastico e nemmeno, in fondo, concettuale. Tutt’al piú, come nell’Alcione, si tratta di un legame temporale, fantasie da giugno a settembre. Un po’ diverso naturalmente sarà il discorso a proposito di un racconto o poema, dove il pas-

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