Pagina:Pavese - Poesie edite e inedite.djvu/199

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l’evoluzione è tutta qui. Nella crescente consapevolezza di questo problema, che ancor oggi mi pare, dal canto mio, tutt’altro che esaurito.

La prima realizzazione notevole di queste velleità è appunto la prima poesia della raccolta: I mari del Sud. Ma va da sé che, fin dal primo giorno che ho pensato a una poesia, ho lottato col presentimento di questa difficoltà. E innumerevoli tentativi hanno preceduto I mari del Sud, cui l’esperienza concomitante di una prosa narrativa, o soltanto discorsiva, toglieva ogni gioia di realizzazione e rivelava nella loro disperante banalità.

Come nettamente io sia passato da un lirismo tra di sfogo e di scavo (povero scavo che sovente dava nel gratuito e sfogo vizioso che sempre finí nell’urlo patologico) al pacato e chiaro racconto de I mari del Sud, ciò mi spiego soltanto ricordando che non d’un tratto è avvenuto, ma per quasi un anno prima de I mari del Sud non ho seriamente pensato a poetare e intanto, come già prima, ma con maggiore intensità, andavo da una parte occupandomi di studi e traduzioni dal nordamericano, dall’altra componendo certe novellette mezzo dialettali e, in collaborazione con un amico pittore, una dilettantesca porno teca, di cui troppo piú che non sia lecito dovrei dire qui. Basti che questa pornoteca risultò un corpo di ballate, tragedie, canzoni, poemi in ottave, il tutto vigorosamente sotadico, e questo poco importa ora, ma anche, ciò che importa, vigorosamente immaginato, narrato, goduto nell’espressione, diretto a un pubblico di amici e da alcuno apprezzatissimo, ragione pratica, questa di un pubblico, che mi pare da supporsi quasi concime alla radice di ogni vigorosa vegetazione artistica.

Il rapporto di queste occupazioni con I mari del Sud è dunque molteplice: gli studi letterari nordamericani ponendomi in contatto con una realtà culturale in male di crescita; i tentativi novellistici avvicinandomi a una migliore esperienza umana e oggettivandone gli interessi; e finalmente la mia terza attività, tecnicamente intesa, rivelandomi il mestiere dell’arte e la gioia delle difficoltà vinte, i limiti di un tema, il gioco dell’immaginazione, dello stile, e il mistero della felicità di uno stile, che è anche un fare i conti con l’ascoltatore o lettore possibile. E insisto in specie sulla lezione tecnica di questa mia ultima attività, perché gli altri influssi, cul-

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