Pagina:Pavese - Romanzi Vol. 1, Einaudi, 1961.djvu/142

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— A parlare.

— Domani è domenica, — dice Gisella.

— Ebbene?

— Andate a messa a Monticello?

— Se gli altri vanno, resto qui.

Gisella comincia a ridere maliziosa e a far segno con la testa.

Io la fisso, piú malizioso di lei. — Ci vado stasera, — le dico. Poi ti aspetto in fondo al prato, sola.

— Non avete paura del Prato? — dice lei con l’aria tonta.

— Non ho avuto paura della cisterna, — rispondo, e Gisella mi guarda, mi guarda.

Poi la Pina tornò con la capra, e facevano il paio, nere e sporche tutte due, con quegli occhi spaventati. Nando correva avanti dicendo che l’avevano trovata nei nocciòli, e Vinverra se la prese con le ragazze, perché non l’avevano trovata prima. Restammo sull’aia con Vinverra, che voleva che dessi ancora un’occhiata alla macchina; e mentre Vinverra studiava la cavezza della capra per capire come s’era slegata, Nando mi raccontava che una volta ch’era andato in pastura una capra non tornava e l’aveva cercata e chiamata, e lei non rispondeva ma si sentiva come piangere, e il giorno dopo era tornata, ma mungendola non dava piú latte, perché l’aveva succhiata la biscia.

— Fuma e sta’ zitto, — gli faccio, e gli passo la mia sigaretta, e lui comincia a tirare e s’incammina verso la tettoia della macchina.

Una volta soli io e il ragazzo, ripasso tutta la battitrice, stavolta sul serio, perché se quell’Ernesto del Prato se ne intendeva, non poteva mancare di farmi l’esame, quando avremmo battuto il suo grano. Qualcosa sul trattamento che ci avrebbero fatto le cascine lo seppi da Nando, e mi disse che ogni piazza era come una fiera dove chi andava e chi veniva, si faceva la festa, c’era tavola aperta, e alla sera si cantava e beveva come alla sfogliatura. Dalla porta della tettoia si vedeva la collina della Grangia con quella punta pelata, e cominciavo a pensare che accudire una motrice sotto il sole di mezzogiorno in quei cortili lassú era peggio che cuocere al forno.

Proprio allora arrivava Talino, con la solita fiacca, e si mette a voltare per finta lo strame dei buoi. Poi ci grida attraverso la porta: — È lí Nando? — Glielo mando nella stalla e Talino gli fa


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