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152 pellegrino rossi e la rivoluzione romana

tanto la cosa è logica e naturale, tanto, nella serena contemplazione obiettiva di quei fatti, essa appare legittima e ragionevole e non ci sarebbe nulla di più ridicolo che le invettive contro il gran Cancelliere austriaco e i rimpianti contro la sua politica per parte di chi scriva, oggi, intorno a quegli avvenimenti. Si comprendono appena le declamazioni e le invettive, in mezzo ai marosi delle violentissime passioni dominanti in quel triennio 1846-1849, fra quella gente inesperta, ingenua, entusiasta e di una buona fede, ammirabile nella sua puerilità e veramente infantile e preadamitica; ma, oggi, a cinquantanni di distanza da quei fatti, le recriminazioni e le imprecazioni mancherebbero di storica serietà.

Il Principe di Metternich faceva ciò che doveva fare, tutelava gli interessi austriaci che doveva tutelare; assalito, si difendeva 0 si difendeva, senza tanti scrupoli, con tutti i mezzi che erano a sua disposizione; poiché, dal 1809 in poi, da che dirigeva la politica dell’impero austriaco e, in gran parte, quella dell’Europa centrale. Clemente di Metternich, spirito profondamente scettico, beffardo e volteriano, aveva sempre pensato che tutti i mezzi son buoni purché conducano al fine. E come, sempre, sulla scorta di quel principio, aveva agito, così agiva anche allora.

Che egli, quindi, valendosi delle estese e segrete sue relazioni nello stato romano1, e servendosi della tenebrosa ed ampia influenza dei gesuiti e dei loro seguaci, preparasse in tutte le provincie e in Roma stessa quel movimento reazionario che fu tentato in dieci città contemporaneamente fra il 14 e il

  1. Una nota segreta dei corrispondenti della polizia austriaca in Italia fu trovata - come è noto - fra le carte segrete di quella polizia dopo le cinque giornate e pubblicata nell’Archivio triennale delle cose d’Italia, Capolago, tip. Elvetica, 1850, e riprodotta dal Gualterio fra i documenti annessi al vol. V de’ suoi Ultimi rivolgimenti italiani. Da quella nota risultano i nomi di venti autorevolissimi alti agenti segreti dell’Austria nello stato romano, fra cui due Cardinali, l’Orioli e il Ferretti — quello stesso Ferretti reputato, nel 1847, tanto liberale e che era cugino di Pio IX — tre conti, tre avvocati, un presidente di tribunale, dieci frati elevati in alte dignità negli Ordini dei Domenicani e dei Conventuali, due colonnelli dell’esercito pontificio, ecc. E senza tener conto degli agenti minori, dei piccoli e grandi commessi viaggiatori di spionaggio, dei cui rapporti numerosissimi buona parte fu pubblicata nella Corrispondenza segreta e carteggio officiale della polizia austriaca in Italia, Capolago, tip. Elvetica, 1854, e parte fu pubblicata dallo stesso Cantù, dal Gualterio, dal D’Ancona, da Nicomede Bianchi e da parecchi altri storici.