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sistibile. I governi italiani che non lo seconderanno vi periranno. Ma uno si ingannerebbe se credesse che l’Italia è comunista e radicale. I radicali vi esercitano influenza solo perchè hanno avuto la destrezza di mettersi alla testa del partito nazionale e di nascondere qualunque altro disegno. Per sè stessi essi non sono ancora nè numerosi, nè accetti al paese. Essi lo diverrebbero probabilmente se il partito nazionale, che è il paese tutto intiero, incontrasse una lunga e vigorosa resistenza o se esso fosse trascinato per disperazione a provvedimenti violenti. Se l’Austria facesse domani, per la Lombardia e per la Venezia, ciò che il Re di Prussia ha fatto per il ducato di Posen, io credo che la penisola potrebbe essere conservata alla causa della monarchia e della libertà regolare. La repubblica proclamata a Venezia non è una imitazione di quella di Parigi, ma una rimembranza veneziana. Essa è, come il fatto della Sicilia, un ghiribizzo dello spirito municipale, che è assai indebolito in Italia, ma lungi dall’essere spento. Se la pace arrivasse presto per gl’Italiani, essa recherebbe loro non pochi imbarazzi e contese. Se la guerra si prolunga, la fusione si effettuerà, sopra tutto sui campi, al fuoco del radicalismo e nel suo crogiuolo.

«Io resto provvisoriamente a Roma; mio figlio Alderano che ha immediatamente lasciato la sotto-prefettura d’Orange, è a Marsiglia con mia moglie. Io li richiamo a Roma»1.

Acutissime sono le osservazioni sul carattere della repubblica proclamata a Venezia, appena espulsi gli Austriaci, e sulla separazione proclamata in Sicilia; da uomo che vede le cose attraverso alle affumicate lenti del dottrinario è la supposizione che, se l’Austria avesse accordato ai Lombardo-Veneti ciò che il Re di Prussia aveva accordato ai Polacchi di Posen - e in quel momento i Piemontesi sconfiggevano gli Austriaci sul Mincio, a Goito, a Valeggio e a Monzambano - tutto si poteva ancora accomodare. Il solo desiderio di applicare a tutto e sempre la politica du juste milieu poteva far supporre possibile ad un uomo della avvedutezza ed esperienza politica di Pellegrino Rossi che i Veneti e i Lombardi si acconciassero, per un po’ di libertà

  1. Lettera di P. Rossi a F. Guizot, in data 6 aprile 1848, nelle Mémoires già citate dello stesso Guizot, vol. VIII, cap. XLVI, pag. 412.