Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana I.pdf/25

Da Wikisource.

capitolo primo 17

la parola era così scelta, così trasparente, così francese che facilmente si dimenticava l’accento con cui era pronunciata»1. «Egli stupiva il suo uditorio con la sua parola ardente ed appassionata, che il suo accento italiano rendeva più vibrata e più incisiva»2.

Il professore, che aveva già tratto ad entusiasmo e s’era creato una fama a Bologna, parlando nella sua lingua natia, apparve a conquistarsi uguale e maggior fama in una lingua non sua, ricominciando da capo il proprio cammino, all’Accademia protestante di Ginevra nel 1818, iniziandovi un corso libero di «storia e di istituzioni romane», avanti ad un uditorio numeroso, di cui facevan parte molte signore. Egli ebbe un grandissimo successo oratorio e scientifico, avvegnachè egli rivelasse a quel pubblico tutte le nuove deduzioni a cui erano giunti coi loro studi il Niebuhr e il Savigny.

Il successo di crescente entusiasmo ottenuto da quelle lezioni fu tale da dissipare le prevenzioni che si avevano intorno a lui come temuto e temibile rivoluzionario, da levare in grande onore e in gran fama il giovane professore, così che i magistrati conservatori di Ginevra si decisero ad ammettere, per la prima volta dopo trecento anni, nell’Accademia protestante di Calvino un cattolico, affidando al Rossi la cattedra già tenuta dall’illustre professore Burlamacchi, discendente del grande Francesco, gonfaloniere di Lucca nel 1548 e primo martire dell’indipendenza italiana. L’insegnamento affidato al Rossi fu duplice: diritto romano e diritto penale3.

Del suo corso di «diritto applicato alla storia romana» parlano, con vera e caldissima ammirazione, lo Cherbuliez, Bibliothèque Universelle del 1849 e Hubert Saladin, che tutti due seguirono le lezioni di Pellegrino Rossi, e il Saladin ne scrive cosi; «Tutti

  1. Louis Reybaud, ibid.
  2. Colmet Daage, in Séances et travaux de l’Académie des Sciences morales et politiques, dans l’article M. Rossi à l’École de droit, tom. XXVI, 1886. Di questa stessa opinione era stato il Mignet, elog. cit. Cfr. con Joseph Garnier, nel Journal des Économistes, tome XXII dell’anno 1849, nell’articolo Notice sur M. Rossi, pag. 89 e seg.; Alph. Curtois, art cit.
  3. Louis Reybaud, loc. cit.; Hubert Saladin, loc. cit.; Henry Baudrillart, loc. e art. cit.; Ch. De Mazade, loc. e art. cit.; A. E. Cherbuliez, nei quattro articoli della Bibliothèque Universelle et Revue Suisse; G. De Puynode, art. cit. e Augusto Pierantoni, disc. cit.