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napoleonici, inviò invece 400 uomini di milizie svizzere incontra ai garibaldini verso Pianoro, per impedir loro d’inoltrarsi. Si commosse la cittadinanza a quella ingiuria fatta all’eroe di Montevideo e ai suoi valorosi compagni, che avevan traversato l’Oceano per venire a difendere l’Italia contro l’invasione straniera; si adunò il Circolo popolare numerosissimo, protestarono altamente contro l’atteggiamento reazionario del Zucchi il Padre Alessandro Gavazzi e l’avvocato Federico Venturini: si adunò il popolo nella piazza della Selciata di strada maggiore, accorse dal Generale Latour, comandante degli svizzeri, chiedendo il richiamo dei soldati inviati contro il Garibaldi, minacciando di levarsi in armi. E il generale Latour, ad evitare la guerra civile, dovette piegare alla imponenza della popolare manifestazione. Anzi egli stesso andò ad incontrare il generale Garibaldi e lo condusse a Bologna, dove l’eroe fu accolto con entusiasmo; trascinandosi dietro poca canaglia, diceva il Generale Zucchi in quella sua famosa lettera, indirizzata al Conte Rossi e che, giunta in Roma dopo la morte di lui, fu pubblicata nei giornali del tempo. Lettera assai più brutta dell’articolo pubblicato dal Rossi contro il Re c il popolo piemontese, lettera che rivela non soltanto la piccolezza della mente caporalesca di Carlo Zucchi, ma anche più la bassezza dell’animo trivialmente reazionario di lui, cui la decrepitezza aveva rammollito il cervello e indurito il cuore1.

Sull’opera dello Zucchi e del Gamba a Bologna io ho trovato una lettera da essi inviata al ministro Rossi il 13 novembre, dopo avere iniziato, con grande energia, l’operazione del disarmo e la allego fra i documenti, anche perchè in essa riap-

  1. Chi desiderasse leggere quella brutta lettera può trovarla nelle già citate Memorie per servire, ecc. di G. Gabussi, vol. II, cap. XVIII, pag. 204. Intorno a quegli atteggiamenti dello Zucchi scrive l’immacolata coscienza di Aurelio Saffi; «Nella corrispondenza dello Zucchi al ministro dell’interno furono trovate lettere, nelle quali il primo si riprometteva di poter domare in breve i liberali delle Romagne e restituire quelle provincie nella piena soggezione dell’autorità pontificia: e adoperava tale linguaggio contro i patriotti che gli attuali commissari di polizia in Roma non saprebbero usarne altro peggiore. Fu detto che lo stesso Rossi disapprovasse il soverchio zelo dell’antico soldato di Napoleone, convertitosi in bargello di Sua Santità» (A. Saffi, Storia di Roma dal giugno 1847 al 9 febbraio 1849, cap. XIII, pag. 410).