Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
capitolo sesto | 289 |
e gridando, di tanto in tanto, a squarciagola, Viva Bruto II e Viva Bruto III!
Quel gruppo di forsennati, di tratto in tratto, sollevava a braccia ora lo scultore Filippo Trentanove, ora il vetturino Antonio Ranucci detto Pescetto, ora lo scultore Sante Costantini, ora il mosaicista Felice Neri, creduti autori dell’uccisione del Rossi; giacché - e mi pare di averlo avvertito di già - pochi sapevano chi fosse stato il vero feritore di Pellegrino Rossi e alcuni, in buona fede, credevano che fosse stato il Costantini, altri il Ranucci, altri il Trentanove, altri il Neri.
In quella stessa sera giungeva a Roma il deputato avvocato Giuseppe Galletti, che era già stato due volte ministro di polizia e che godeva tuttora di una larghissima popolarità, perchè antico liberale e condannato politico e perchè benvoluto per l’affabilità dei suoi modi.
Le rappresentanze dei Circoli, riunite al palazzo Fiano, ove aveva sede il Circolo popolare e che in quella sera era affollatissimo di cittadini, approvarono un indirizzo al popolo, che fu subito stampato e all’indomani distribuito a migliaia e migliaia di esemplari. In quell’indirizzo — che il popolo doveva, il mattino appresso, recare, in solenne e pacifico corteo, al Papa — erano fissati i principii fondamentali per base del nuovo ministero; sotto la qual denominazione si intendeva di fissare il programma del ministero veramente liberale e veramente italiano — secondo gl’intendimenti della trionfante democrazia — che il Papa doveva nominare all’indomani. Riferisco qui quei principii fondamentali, che erano in diretta opposizione al programma del ministero Rossi: