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capitolo settimo 367

palazzo Doria al Corso, mentre discorreva con due calafati. Non ha appartenuto a corpi militari. Partì nel marzo 1848 colle legioni romane, ma non credeva di dover andare alla guerra, ma di doversi fermare a Ferrara: ma quando seppe della Enciclica papale del 29 aprile, nel luglio (?) tornò a Roma.

«Lui non formò parte di quella porzione di reduci costituitasi in corpo separato sotto il Grandoni. Non indossò la divisa legionaria che due o tre volte, salvo il vero, e non ricorda quando nè perchè. Se fosse dato ordine di indossarla in qualche circostanza da qualcuno, lo ignora. Conosce di vista Grandoni. Conosce Luigi Brunetti, ma non ci ha avuto amicizia. Conosce Antonio Ranucci detto Pescetto ed è un vero assassino: ha avuto occasione di conversare a lungo con lui a Tor di Quinto. Lui aveva avanzata un’istanza al Papa, prima della sua partenza, per un impiego. Sul finir di novembre fu chiamato al ministero dei lavori pubblici dal notissimo Sterbini che lo inviò a Tor di Quinto, dove andò il giorno di santa Barbara e vi trovò i fratelli Costantini e Ranucci, factotum tutti tre del ministero insieme a Ciceruacchio: vi era gran disordine lassù, fra quelle parecchie centinaia di lavoranti; lui, per la parte che lo riguardava, cercava di mettere ordine. Dopo un paio di giorni andò sul posto il ministro Sterbini con un ingegnere vecchio e vista la situazione da lui data la lodò e l’approvò e lo nominò assistente ai lavori per conto del ministero a paoli cinque al giorno: ebbe una sola delle promessegli gratificazioni e fu di scudi cinque. Queste disposizioni non piacquero ai Costantini e al Ranucci, i quali mi proposero di stabilire un sistema di furto, facendo figurare nelle note più lavoranti di quelli che effettivamente vi erano: mi rifiutai: ma essi attuarono il loro disegno. Allora io e Clemente Bini, altro assistente, inoltrammo al ministro un rapporto firmato a cui unimmo i libretti giornalieri. E poi io andai anche a parlarne a Sterbini e c’era presente Domenico Ascenzi, caporale a Tor di Quinto e che abita a Ripetta n. 39: ne fu dolente lo Sterbini, che prediligeva il Ranucci e i due Costantini: mostrò di volerli punire se il fatto era vero, cosa che egli non poteva credere: mandò poi Ciceruacchio e il dottore Pietro Guerrini a verificare i fatti, che resultarono veri. Ranucci e Sante Costantini inveirono contro di lui: "Ma tu meriti un premio — gridavano — per il rapporto che