Pagina:Perodi - I bambini delle diverse nazioni, Firenze, Bemporad, 1890.djvu/162

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Nella stessa guisa che i bambini imparano sempre le lezioni a voce alta, anche i grandi leggono sempre forte, e non hanno, come noi, la consuetudine di seguire con l’occhio solamente le parole.

I giapponesi scrivono i loro caratteri in colonne che partono da cima e vanno fino in fondo alla pagina, come fanno pure i chinesi, ma i caratteri non sono gli stessi; le parole chinesi sono tutte corte, mentre molte di quelle giapponesi sono lunghissime, eppoi la lingua giapponese ha un alfabeto che la prima non ha.

È abbastanza difficile il mantenere la disciplina nella scuola, perchè i ragazzi giapponesi non sono allineati sulle panche come nelle scuole europee, ma stanno seduti per terra; il maestro peraltro ha un ventaglio in mano, del quale si serve come gli antichi maestri italiani della bacchetta, e quando il ventaglio non serve per ristabilire l’ordine, ricorre alle punizioni.

I bambini «del paese del sole levante» portano la testa rapata, meno quattro piccoli ciuffetti di capelli, uno davanti, uno di dietro e uno da ogni lato. Essi usano delle vesti chiare di molti colori con ampie brache lunghe munite di tasche, e con quelle teste pelate fanno un curioso effetto. Alcuni portavano le calze, ma molti no. Questi hanno soltanto zoccoli di legno, che legano attorno al pollice, ma li tolgono appena entrano nelle stanze.

Accanto alle tasche i bambini hanno anche un’altra apertura, dove tengono la borsa e il materiale per scrivere. Gli uomini portano invece una cordicella alla vita, alla quale è appeso un calamaio portatile, un pennello per scrivere e della carta.

Se parlassi qui della religione giapponese, i piccoli lettori ne capirebbero poco. Quella religione si chiama Shinto e