Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/176

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166 stanza. Pertanto, se mT ascolti, non indugerai a fuggirtene ; il restare più oitre ti si scon* verrebbe , avvegnaché sano ; quanto più ma-* lato, come «tuttora sei s matto è l'uomo che stretto da ferri, si fa scorgere in sulle porte della prigione dal guardiano che, non volando mai occhio, a nuli’altro tiene rivolto l’animo che a tender lacciuoli a chi tentasse «fuggirgli di mano, nè sa darsi pace dicòt- loro che si sottrassero dia sua vigilanza* .i » Agevole d’Averno è la discesa^ » E notte-e giorno a chi d’ entrar desia, • » Stan dischiuse le porte * ampie di Dite n.

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•• ‘Alle quali cose, siccome dissi, se i sani ¿deggiono provvedere, quanto maggiore.1 obbligo non ne corre a coloro che tuttavia hanno addosso la febbre? A costoro più che «agli altri, perchè esposti a danni più gravi, sono dirette quelle parole di Seneca. Ed in ¡esse, siccome d’opera perduta, con si.fa -menzione degli sciagurati, che lanciatisi di mezzo alle fiamme^ non si danno un pensiero della propria salvezza. Perciocché mirava -egli ad assennare coloro, i quali non più da que’primi discosti che un grado, ardono si ma pure anelano a sottrarsi all’incendio. Un 'sorso solo di acqua, che ad altro tempo saprebbe tornato giovevolissimo, nocque nella convalescenzaj ejad atterrare un uomo rifi- itìr