Pagina:Petrarca - Il mio segreto, Venezia, 1839.djvu/45

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-tando fuor di proposito e troppo vagamente, non bene deduci dai principii le conseguenze. E davvero mi credeva che fossi fornito di maggiore intendimento, nè ti bisognasse essere ammaestrato a guisa di fanciullo. Perchè ove tu avessi fatto cosa tua le vere e salutari sentenze dei filosofi, cui sovente con me rileggesti; se, e consenti che tel dica, ti fossi adoperato a tuo e non ad altrui pro, e dallo studiare in tanti libri ne avessi ritratto buone regole di vita, senza curare la superbia e i vani applausi del volgo, non udirei adesso da te tanto scipiti e goffi discorsi.

P. — A che miri non so; ma pure sento infocarmisi le guance, come i fanciulli alle sgridate del pedagogo. Dappoichè, al modo che essi, innanzi che si pronunzii il nome della lor colpa, ricordevoli d’averne addosso parecchie, alla primiera voce di rimprovero si confondono tutti; ed io altresì non ignaro della mia ignoranza e de' miei molti errori, sebbene non ancora comprenda a che accenni il tuo discorso, pure perchè non mi sento affatto la coscienza pura, arrossisco, anche prima che tu aperto mi favelli. Or dunque dichiarami, io ti prego, quale sia il peccato che mi rimproveri con tanta acerbezza.

A. — Tra le molte sciocchezze che sinora t’uscirono di bocca, una ve n’ha che principalmente mi move a sdegno; ed è l'affer-