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L’abate Gioberti, venendo a spiegare dinanzi la Camera la ragione di questa demissione, volle dissimularne la natura e l’importanza. Allora Ratazzi si alza, ed in un discorso magnifico ne rileva il carattere e tutta la gravezza. L’abate lasciasi andare ad uno scoppio di collera, ed una scena incredibile succede; imperciocchè l’abate Gioberti — questo pregiudizio nazionale — passava allora, e passa ancora oggidì, per il tipo dell’elevatezza e della somma scienza italiana. Gioberti dà la sua demissione. Ratazzi l’aveva già data; ma egli resta finalmente padrone della situazione e riprende il portafoglio.

Il 12 marzo 1849, spinto dagli avvenimenti, soccombendo alla pressione di tutta l’Italia in fuoco, Ratazzi sale alla tribuna onde annunziare che l’ora della riscossa era sonata. Era il rintocco che doveva finire con la funebre campana di Novara! Dopo questo disastro d’Italia, Ratazzi si dimette di nuovo. Nel 1852, avendo sempre conservato la direzione della sinistra, egli appoggiò il conte di Cavour. Ma egli respingeva la legge, la quale voleva restringere la libertà della stampa. Bisognò intendersi, perchè le circostanze erano gravi e la pace del Regno correva pericoli — minacciata dagli autori facinorosi del colpo di Stato di Parigi. Ne seguì ciò che chiamossi connubio, o più famigliarmente una coalizione; in sè un compromesso. Ratazzi fu nominato presidente della Camera, ed indi a poco ministro della giustizia. Nel 1856 Ratazzi presentò la legge per l’abolizione dei conventi. Restò agli affari fino