Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/130

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dinando si bruciò le cervella. Il general Pepe rinnovellò bravamente la risposta del visconte Dorte a Carlo IX e passò il Po. I pochi che lo seguirono hanno nobilmente rilevato l’onore della nazione. Il resto della spedizione ritornò accompagnato dalle maledizioni, dall’esecrazione, e dall’ingiuria di tutte le terre che attraversò: e ritornò a tempo per coronare la sua vergogna nella lotta cittadina che si era impegnata. L’ammiraglio de Cosa ritornò anch’esso dall’Adriatico e vane furono per arrestarlo e le rimostranze e le preghiere e le disdegnose proteste del Leopardi, che inviato a Torino plenipotenziario, ebbe onta di essere l’organo d’impuro e scellerato governo, e volse l’animo invece a persuadere la spedizione di italianamente condursi.

35. La novella del 15 maggio arrivò nelle provincie come la scintilla sulla polvere. Fu un immenso grido unanime d’indignazione e di vendetta. I Comitati, che in quasi tutti i paesi si erano formati, provvidero immediatamente. La nazione fu dichiarata tradita: le armi si approntarono, e la proposta di vendicar Napoli fu accolta da tutti. Ariano levò la prima lo stendardo di guerra. Vito Porcari, che da due mesi solamente era uscito dalle galere, dove per molti anni aveva espiati i suoi principii liberali, e dove adesso, in compagnia del suo compatriota Miranda, geme di nuovo, fatti prigionieri in Calabria; Porcari e Miranda proclamarono un governo rivoluzionario e cacciarono via i funzionarii regii. I danari pubblici furono confiscati: le guardie nazionali della città e del contado chiamate sotto le armi: di marciar sopra Napoli erasi deliberato. Foggia doveva concorrere e fare altrettanto. Ma avendo Foggia traballato