Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/137

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nazione tutta intera. Però le Calabrie sembravano stanche, e forse tanti esempi anteriori, in cui la loro voce di disperazione non aveva destato alcun’eco, le avevano fatte caute giustamente. Esse risposero al cartello di sfida del governo, ma debolmente e quasi sotto voce. Il barone Marsico uomo leale, ma di poche risorse e di niuna energia, formulò la protesta, con cui esecravasi il colpo di Stato del 15 maggio, e fu dichiarato capo di un Comitato che assumeva il governo. Questo Comitato, composto di elementi eterogenei e non rivoluzionarii, aveva ceduto alle prime impressioni e si era lasciato dominare dalle emozioni che le novelle di Napoli, fatte segnalare per telegrafo dalla guardia nazionale di Salerno il 16 maggio, avevano in loro destate. Ma rassicurato dal Bozzelli, il quale in nome del re prometteva l’inviolabilità della costituzione e la prossima riconvocazione delle Camere, non avendo coscienza delle proprie forze, non principii, non convinzione della sovranità del popolo e quindi della grandezza dell’attentato che fatto le si era, vacillò subitamente, si confuse, si smarrì nella procedura e moriva d’inazione, allorchè giunsero in Cosenza Mileto, Torregiani e Ricciardi. Questo crociato infaticabile della libertà, che la rivoluzione ha trovato sempre sulla breccia e sempre alle prime file, era partito di Napoli con un eletto numero di deputati calabresi. L’ammiraglio Baudin con un vapore inviato espressamente li aveva fatti condurre a Malta: una barca da pescatori li condusse a Messina, e da Messina in Calabria. Il piano della rivoluzione era stato ratificato a Catanzaro. Dovea essere contemporanea, doveva essere decisiva e senza ambiguità. Il potere esecutivo aveva violato la sovranità na-