Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/161

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duire un peuple à la conquête de la liberté; pure non è mia mente di giudicar Carlo Alberto. Egli è morto, ed il giudizio di Dio lo ha pesato. La sua posterità non è ancora cominciata. Nelle attuali sventure d’Italia si ha troppo a combattere con i vivi, per tessere un processo ai morti; ed ai morti con i sintomi del martirio. La sentenza della sua rotta, della sua ritirata, della capitolazione di Milano, sia dei posteri. Noi rammentiamo solamente che egli solo osò tirare la spada dal fodero e farla sfolgorare sul viso all’austriaco: che egli solo comprese l’Italia, quando disse che avrebbe fatto da sè: che egli solo parlò d’indipendenza e di nazionalità, elementi supremi della vita di un popolo: che egli solo, tra il gregge dei principuzzi d’Italia, rispettò la libertà nei suoi Stati, tenne la parola, osservò il giuramento, non mutò consiglio per mutar di fortuna, e tenero ebbe il cuore per i caduti, e sostenne le speranze della penisola, quando i fati le si dichiararono avversi, ed il governo di Francia l’abbandonò. Ad altri il giudizio sul movente che diresse la sua opera, sulla fedeltà delle sue promesse, sulla verità dei suoi fatti: per me, innanzi ad un cenere caldo ancora sono compreso da venerazione; ed abbiamo troppi delitti palesi a maledire, per andar fino ad investigare le intenzioni. L’inattesa novella della sua disfatta colmò di lutto l’Italia. Era una pubblica calamità che portava il germe di un funesto avvenire. Non era l’onta per le armi italiane; l’onore era salvo, e possiamo dirlo ad alta voce ed a fronte levata, era salvo a Goito, a Pastrengo, a Peschiera, a Vicenza, a Colmasino, alle Corone, a Governolo, a Somma Campagna, e sopratutto nelle disastrose giornate di Curta-