Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/184

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vita. Non vi era dunque bisogno di altro. Più che tutti gli apostoli, più che tutte le logiche, l’elezione di un loro fratello alla deputazione l’aveva convertita. Il ministero si sentì ferire nel cuore. — Il giorno della riapertura del parlamento arrivò. Il governo, temendo dell’ebbrietà del popolo, aveva spiegato un lusso di precauzioni che sono la risorsa disperata de’ governi vacillanti. Soldati di ogni colore, birri, partigiani e nemici della libertà, tutti, in una parola, ingombravano la residenza dell’assemblea. L’artiglieria era sulle strade, i castelli allestiti per vomitar bombe sulla città. Non si aspettava che un segnale. Il popolo si contenne con grande nobiltà di animo. Meglio di quattro o cinquemila popolani accerchiavano la carrozza dove sedeva, a fianco al Conforti, il loro fratello per recarsi alla Camera. Guardie fedeli, devote, decise, l’accompagnarono e lo salutarono col grido immenso di vivano i deputati! viva la Costituzione! Si era sparsa la voce che l’assemblea, impegnata dal ministero, avrebbe respinto dal suo seno il rappresentante del popolo; l’assemblea repulse invece i cavilli ministeriali, ed unanime salutò come fratello Ignazio Turco. Fra centocinquanta deputati, dieci solamente sedettero alla destra, tra i quali nove conservatori ed uno solo ministeriale, un tal Crisci. — Non vi fu discorso della corona.

47. Appena la Camera si fu costituita pose mano ad un atto importante. Il ministero Cariati aveva demolito da cima a fondo lo Statuto: il paese fremendo aveva assistito all’incruento e giornaliero sacrifizio. Era dunque dovere dell’assemblea metterlo in istato di accusa. Transigendo colle calamità dei tempi, ri-