Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/85

Da Wikisource.

— 79 —

niente affatto. La guardia nazionale, benchè molto tenera della propria dignità, non comprendeva la sua missione, e si abbandonava sovente ad atti o arbitrarii o abbietti. I suoi capi cercavano forviarne lo spirito. Essa non difendeva il popolo, lo conteneva: non comprendeva la libertà, la comprometteva: lungi dall’appoggiare i diritti della nazione, custodiva le prerogative reali, e serviva come sostegno del governo. Era questo l’andamento che i capi nominati dal re le davano, ed essa vi soggiaceva tacendo. Scrollata però la Gibilterra del dispotismo, l’Austria, il malcontento universale prese forma e consistenza. Si sapeva oramai ciò che si voleva, e ciò che si voleva imperiosamente domandavasi. La burla era durata troppo. La nullità e l’infedeltà del Bozzelli non erano più un mistero per alcuno: il pubblico disprezzo lo cacciava via. La tristizia del re e della corte era irrefragabilmente documentata: dovevano quindi o emendarsi o uscire. Infatti re Ferdinando teneva pronti i suoi tesori sul battello a vapore il Tancredi, che, sotto le mura della reggia, aveva il fuoco sempre acceso per partire al primo segnale. L’alterigia della guardia nazionale, e parecchie perfide dicerie avevan diviso in due campi la borghesia ed il soldato. Si cercò invano conciliarli, si cercò invano rischiarare gl’illusi: le parole fratellevoli respingevansi, calunniavansi le rimostranze severe. Il re appoggiavasi con tutta la sua forza su questi dissidii, e profondeva oro e favori, popolarità e malignazione per attaccare la truppa al suo carro. Eppure il popolo si inorgogliva della bravura e della disciplina della milizia: le aveva perfino perdonato il sangue dei liberali, versato forse senza saperlo e senza comprenderlo. Tutto