Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/15

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l’infetto utensile fra i suoi denti, poichè il caminetto ne era spento.

Egli aveva la testa nuda, la parte culminante del cranio completamente calva, dal fronte all’occipite, mentre le lunghe ciocche di capelli alle tempia spaziavano al vento. Il vaiuolo aveva butterato alquanto il suo largo viso, e gli stigmati onde esso lo aveva forellato riflettevano la luce in un modo più vivo, rialzavano il tuono del colore della faccia. Egli aveva quel bruno che va sul giallo proprio dei temperamenti biliosi, il quale, nella collera, diviene livido o bianco pallore a seconda dell’intensità della passione. I muscoli del suo viso magro disegnavano delle protuberanze e dei solchi, e gli davano l’aria d’un uomo cui delle forti contenzioni dell’anima avevano devastato. Ma non bisogna confondere ciò con le macerazioni della vita ascetica nè con la consunzione della meditazione. Queste due ultime cause smungono altresì una faccia umana, rilevandone i lineamenti; ma esse le danno nel tempo stesso quel certo che di luminoso che emana dall’anima, dall’aspirazione verso l’alto dei santi e degli scienziati.

Sull’aspetto di colui che passeggiava nel giardino si delineavano passioni più umane. Vi si vedeva il riflesso di un fuoco interiore che faceva bollire il cuore prima d’infiammare il cervello. Le rughe irregolari che screpolavano la sua vasta fronte si armonizzavano con quel sembiante abbaruffato, con quelle labbra carnute, ma smorte, con dei denti acuti e giallastri, con un mento sporto in su e un naso fieramente aquilino dalle narici