Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/285

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Bambina si alzò. Ella era divenuta pallida ed i suoi occhi navigarono nelle lagrime. Vedeva le sue speranze naufragate, e non un’altra vela all’orizzonte. Aver tanto osato! aver compromesso tante cose sante! calpestato la sua anima ed il suo pudore per metter capo ad uno scacco! Ella aveva i brividi di avere a ritornare al gesuita, e di fargli delle nuove concessioni.

— Perdonatemi, signore, balbettò Bambina con voce soffocata. Io non sospettava la serietà degli ostacoli che intravedo adesso. Non so che farò. Possiate non rimpiangere di non avermi esaudita.

— Signorina, disse il principe, alzandosi a sua volta, vogliate comprendermi bene. Io non insisto per sapere il vostro secreto nè ciò che vogliate in ricambio domandare al re. Ma infine indicatemi, ve ne prego, con quale formola bisogna che io supplichi S. M. di ricevervi!

— E voi, ambasciatore di una grande potenza, dimandate ad una povera creatura di provincia una formola di corte per compiere un atto di sì alta gravità? sclamò Bambina. Io ho sempre udito, nel mio casale, che il motto: salvezza dello Stato! era magico nella bocca dei ministri. Come noi ignoriamo tutto ciò che si attiene ai nostri padroni!...

— Ahimè! se re Ferdinando fosse un uomo da capire la divina poesia della bellezza, io avrei stuzzicata la sua curiosità dicendogli che se egli non apprendesse nulla di nuovo, egli avrebbe per lo meno visto nella sua vita la forma più ideale del bello muliebre. Ma S. M. non comprende che le celesti bellezze della santa Vergine, passando per la