Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/36

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la sua madre, la sua amica vera, monsignore, — ciò che le donne non incontrano mai. Io ho lavata, io ho coricata, io ho pettinata questa piccina. Io le ho insegnate le sue preghiere. Noi abbiamo pianto insieme. Noi abbiamo insieme digiunato quando non avevam pane. Io ho fatto la bisogna di casa in suo luogo, per risparmiare questo piccolo e gracile corpo. Io ho soppresso le mie camicie per comperarle una veste. Io ho sofferto la fame per nudrirla a seconda dei suoi bisogni. Io ho avuto il coraggio di sorridere, per non attristarla, quando il dolore e l’oltraggio mettevano a soqquadro l’anima mia. Breve, monsignore, questa figliuola è la mia anima. Il cielo non ha un cherubino più puro e più bello di Bambina.

Monsignor Laudisio aveva appoggiato il suo cubito sul braccio del seggiolone, il suo mento nella mano, ed ascoltava attentamente il prete, esaminando l’espressione illuminata di quella figura. Un’aria sarcastica svolazzava sul volto del vescovo.

— Tutti i preti della mia diocesi, disse infine il vescovo dopo un momento di silenzio, hanno delle ganze. I più onesti ne hanno due, — senza contare le cugine, le cognate, le religiose dei conventi. Io ho fatto tutto ciò che un vescovo, un ministro della polizia, un capitano di gendarmeria, un procuratore reale potevano fare per riformare questi infami costumi. Li ho interdetti. Li ho messi in prigione. Li ho relegati nei conventi a far penitenza. Li ho fatti mandare al bagno. Li ho ingiuriati dall’alto del trono della chiesa. Non sono