Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il Re prega, Milano, Treves, 1874.djvu/53

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nar tanto in quella Napoli e rientrerò co’ piedi ammalati.

— Fratello, bisogna portar con noi la piletta ad acqua santa, che era al capezzale di nostra madre! è rotta e ricollata.

— Ove hai tu messo quell’involto di carte che io celava sotto il mio materasso?

— Sta tranquillo! susurrò Bambina con un segno d’intelligenza: dorme nel fondo della cassa.

— Gitta questi occhiali lì dentro: un giorno, chi sa! sarò miope.

— Brava! stavo per dimenticare il pacchetto di ferruzzi a calze!

Il cane ed il gatto che vedevano tutto quel garbuglio, sembravano inquieti. Si sarebbe detto che presentissero qualche cosa. Il gatto, per l’innanzi così sonnolente, non si stancava più di fare ru-ru attorno alla gonna di Bambina, di stropicciarsi a lei carezzevolmente, di saltar sulle ginocchia di Don Diego. Il cane seguiva tutti i passi dei padroni, testa giù, dovunque andassero. Il suo occhio, un dì sì dolcemente malinconico, ora era estinto. Non commetteva più guasti, ed assiso sulle lacche, allungava la testa con tristezza sulle ginocchia del fratello e della sorella. Il solo essere ingrato o noncurante della casa, era il maiale. E nonpertanto era desso che era stato il più colmo di attenzioni.... interessante. Se la Bambina negligeva un tantino la dose o la qualità delle sue pietanze, Marco grugniva, brontolava, s’impazientava pure, ed andava a rovesciar la pentola, tirava per la gonna la padroncina e sporcava le