Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/166

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visita, delle scarpine da ballo, i pazienti conti del sarto e del calzolaio, delle cravatte, delle spille e degli anelli, dell’acqua antiemorragica del Binelli, delle filaccie, dei taffetà, dello sparadrappo, dei fiori appassiti, delle fotografie di donne, degli speroni e degli scudisci, delle pomate, dell’acqua di odore, delle pastiglie, della polvere dentifricia, delle spazzole ed un berretto turco.

Davanti il letto una pelle di lupo ed una veste da camera meglio appariscente che ricca; le cortine del letto bruciate in diversi siti dal sigaro; le coperte tutte strapazzate. I muri zebrati di sciabole, stocchi, pistole, fucili, fioretti, d’uno scudo romano, — che il signor Quaranta assicurava essere la non bene relicta famula, di Orazio, quando fuggì dal campo di battaglia di Farsaglia, — d’una mazza d’arme del medio evo, — che il marchese giurava aver appartenuto a Riccardo Cuor di Leone dacchè aveva letto in un romanzo le prodezze di quel re inglese, — d’una corazza di maglia, d’un elmo da pompiere, — battezzato dal marchese come elmo del Tancredi del Tasso, — d’una corazza ed altri oggetti d’armatura del medio evo, d’un uniforme verde di guardia urbana.

Sulla teletta finalmente si vedeva una piastra di rame che veniva da un berrettone da granatiere, morto, — pretendeva il marchese, — a Ulma; un guanto che aveva appartenuto alla Colbrand, un mazzolino di fiori appassiti della Pasta, una pantofola della Taglioni, e il “se il padre m’abbandona„ dell’Otello, scritto dalla mano di Rossini.