Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/302

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rifiutato l’aiuto di un così poco libero difensore e dichiarato che si sarebbe difeso da sè. Questa decisione aveva allarmato il presidente, il tribunale e la Corte.

Infatti, che partito per imbavagliare un accusato che perora per conto suo e racconta dei fatti storici con dignità e convenienza? Ed erano appunto questi fatti storici che la Corte temeva. Il presidente poteva egli intralciare la difesa, ritirare la parola ad un uomo, pel quale nove decimi della città s’interessavano, dinanzi al corpo diplomatico e il meglio della società napoletana, in mezzo all’ansietà generale e sotto il pungolo della curiosità e sotto gli sguardi d’un pubblico esaltato, quando questo accusato si presenterebbe vestito dell’uniforme di sergente del generale Mack, ma tenendo alla mano la spada che egli aveva portato in tante battaglie, la decorazione che aveva ricevuto dalle mani dell’imperatore, il brevetto di colonnello ed il diploma di barone dell’impero?

Poteva egli, quel presidente, impedirgli di raccontare le sue geste, la storia dell’imperatore e quindi di fanatizzare l’assemblea, quando egli crederebbe di provare — a torto o a ragione — ch’egli aveva diritto alla protezione della Francia, offesa nella persona sua? Gli si proverebbe poi ch’egli aveva torto. Benissimo; ma egli avrà parlato, avrà infamato il governo napolitano, avrà esaltato l’uditorio, avrà fatto risuonare nel santuario stesso della legge quel nome di Napoleone ch’era proibito pronunziare nelle vie, pena la prigione.

Infrattanto il giorno del giudizio si avvicinava