Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/305

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parigino, e che era saltato dalle barricate di luglio sul ponte di una nave.

— Quando vi avrò detto che vado a maritarmi, rispose Ondina ridendo, mi comprenderete, spero.

— Alla buon’ora! senza di che non mi spiegherei perchè si vorrebbe arrivare in un paese ove non s’incontrano che preti, frati, spie e lazzaroni, un re da teatro, un governo di ribaldi vili e venali, delle donne gialle come il cuoio di Russia, le quali non si lavano, che si rassegnano a tutto, eccetto di far senza di messe e di baciare le mani ai cappuccini. Avete il passaporto in regola, almeno?

— Penso che sì, rispose Ondina, la quale non aveva punto coscienza dei piccoli inconvenienti cui il capitano veniva di enumerare.

Il primo giorno passò, poi il secondo, grazie al mal di mare, che diede alla figlioccia altri triboli. A Livorno la s’informò se poteva continuare il viaggio per terra. Lo poteva; ma con ritardo di tre giorni.

— Il mal di mare piuttosto, gridò Ondina, ed arriviamo presto.

— Rigioitevi, signorina, soggiunse il capitano, il tempo è cambiato; fra poche ore il mare volerà sotto le nostre ruote, come gli strilli nella vostra bocca.

— In questo caso, rispose Ondina ridendo, saremo ancora scaraventati, se il mare si avvisa di rappresentare qualcosa di Verdi.

A partir da Civitavecchia, Ondina non potè più tenersi nella sua cabina; ad ogni istante ella domandava se Napoli fosse in vista. Le