Pagina:Piccole storie e grandi ragioni della nostra guerra.djvu/8

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Naso porge a Cencio la sua fiaschetta; Cencio si inginocchia e il ferito beve avidamente. Poi sembra fare uno sforzo per sollevarsi....

A un tratto, un colpo di rivoltella, sparato a bruciapelo, rasenta il berretto di Naso.

— Ah, canaglia! È codesta la vostra maniera di dire grazie? — E Cencio strappa la rivoltella di mano al ferito, che ricade a giacere.

— Se non fosse in quello stato, meriterebbe d’ammazzarlo! — dice Naso, che è arrabbiato sul serio.

— Già; ma i moribondi, noi Italiani usiamo lasciarli morire in pace, anche se sono furfanti.

Sdegnoso, il Diavolo Bianco si rialza e guarda verso la trincea nemica, sull’altura di fronte.

Pare che non abbiano udito il colpo lassù.

Ma quest’uomo disteso a terra, che spara a tradimento contro chi gli porge da bere, è degno di quei suoi fratelli austriaci, i quali hanno inventato le mazze ferrate per ischiacciare la testa ai feriti.

I due soldati rimangono ancora un momento in ascolto; poi sollevano con pietosa cura il corpo del loro compagno, e silenziosi risalgono su per l’erta, verso la linea italiana.


II.

PRIGIONIERI


Il Tenente trova che uno dei nostri soldati addetti alla custodia dei prigionieri austriaci è livido, stravolto e pare lì lì per piangere.

— Che cosa c’è, ragazzo? — gli domanda, affettuosamente.