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Tutto il paese ha preso parte al cordoglio di lei e ha voluto dimostrarlo accompagnando all’estrema dimora il cadavere, a cui rivolse brevi e commosse parole d’addio il nostro assessore comunale cav. Pomino.

Noi inviamo alla povera famiglia immersa in tanto lutto, al fratello Roberto lontano da Miragno, le nostre più sentite condoglianze, e col cuore lacerato diciamo per l’ultima volta al nostro buon Mattia: — Vale, diletto amico, vale!

M. C.




Anche senza queste due iniziali avrei riconosciuto Lodoletta come autore della necrologia.

Ma debbo innanzi tutto confessare che la vista del mio nome stampato lì, sotto quella striscia nera, per quanto me l’aspettassi, non solo non mi rallegrò affatto, ma mi accelerò talmente i battiti del cuore, che, dopo alcune righe, dovetti interrompere la lettura. La « tremenda costernazione e l’inenarrabile angoscia » della mia famiglia non mi fecero ridere, né l’amore e la stima dei miei concittadini per le mie belle virtù, né il mio zelo per l’ufficio. Il ricordo di quella mia tristissima notte alla Stia, dopo la morte della mamma e della mia piccina, ch’era stato come una prova, e forse la più forte, del mio suicidio, mi sorprese dapprima, quale una impreveduta e sinistra partecipazione del caso; poi mi cagionò rimorso e avvilimento.

Eh, no! non mi ero ucciso, io, per la morte